Parte Terza - Il nome

Come indicato nella presentazione al lettore, tratteremo, ora, dei motivi “storici” ed etimologici per i quali, secondo il nostro modesto parere, la nostra cittadina ha il toponimo di Macerata (il termine aggiuntivo CAMPANIA prescinde dalle nostre considerazioni, data l’evidenza storica dell’assunzione).
Noi siamo convinti (e le nostre convinzioni si fondano su dati storici e su intuizioni documentate e riscontrate) che i fatti finora descritti nelle prime due parti, oltre ad essere state determinanti per la strutturazione del tessuto culturale, per le tradizioni, usi, costumi della nostra cittadina, siano stati alla base dei motivi di assunzione del nome Macerata.
Porteremo, ora, all’attenzione del lettore una serie (documentale) di fatti che suffragano la tesi da noi sempre sostenuta: l’appellativo “Macerata” non deriva dalla “macerazione” della canapa (alla quale dedicheremo un capitolo a parte).
La denominazione di “Macerata” è stata da noi reperita, in epoca molto anteriore all’epoca di S. Stefano Menecillo.
Questa nostra tesi è suffragata dalle testimonianze desunte dalla lettura di più testi e ne riportiamo alcune:

a) SECOLO VII – ANNO 688 di Gesù Cristo
Papebrochio - «ATTI DELLA INVENZIONE DEL CORPO DI S. RUFINO» «… In essi è menzione del “locus qui Macerata nuncupatur” (luogo che si chiamava Macerata), appo il quale luogo si rattrovava il sepoltro del Diacono S. Rufo…». Nelle note precedentemente da noi riportate abbiamo visto, infatti, che la redazione del verbale di ritrovamento fu fatta nello stesso anno della “Invenzione”, cioè l’anno di Gesù Cristo 688(32a).

b) SECOLO X – ANNO 935 di Gesù Cristo
«NASCITA DI S. STEFANO MENECILLO» «…ortus est in pago qui Macerata nuncupatur…» - G. Iannelli ed altri (vedi note precedenti).

c) SECOLO X – ANNO 966 di Gesù Cristo
Giustiniani L.: «Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli», Tomo II, pag. 140: «… nell’anno 966… omissis… Capua speciosa fu elevata alla dignità Metropoli ed ebbe, per suffraganee, le chiese di… omissis… Mentre dalla parte di Napoli ebbe le chiese di:

  1. S. Andrea dei Lagni
  2. Cuccagna
  3. Caturano
  4. Casalba
  5. Casapulla
  6. Curti
  7. Cuzzoli
  8. Ercole
  9. Macerata
  10. S. Maria Maggiore
  11. Musicile

d) SECOLO XI – 1) ANNO 1034 di Gesù Cristo; 2) FINE SECOLO XI; 3) ANNO 1033 di Gesù Cristo.
1 - G. Tescione - «Caserta medioevale e i suoi Signori» pag. 11: «… Dopo la menzione di Giovanni, Conte di Caserta, figlio del defunto Conte Landolfo, ricordato sulla fede del Pellegrino, assai probabilmente in una “Carta Capuana” del 1034, abbiamo un importante e discusso documento del 1052 (pubblicato con piccole varianti dal Rinaldo e dall’Esperti) e riprodotto in una pergamena, andata perduta, del tesoro della Cattedrale di Capua. Tale documento, mentre dà il nome di otto Conti, ci fa conoscere che Landone, Conte di Caserta, figlio di Pietro (Conte di Caserta), donò nel 1036 al fratello Pietro (figlio anch’egli di Pietro) tutte le terre case e chiese, che possedeva presso Carinola e nelle località di MACERATA, Portico, S. Benedetto “in finibus eiusdem CASIRTA, S. Erasmo, Toro…”».
2 – Perconte Licatese Alberto - «CAPUA» Vol. II, pag. 24: «…il Contado di Capua, alla fine del secolo XI, era diviso in tre distretti: la “Terra Lanei”, la “Terra Cangia” e la “Terra Capuana”… omissis… Il distretto della “Terra Lanei” comprendeva, in tutto, tredici casali tra cui Curti, S. Prisco, MACERATA, Portico, Marcianise…».
3 - «La città di S. Maria C.V. e la sigla S.P.Q.C.» Ed. 1996 – Vol. unico, pag. 45: «… Ora da altre non indubbie testimonianze sappiamo che tutta la così detta “Terra Lanei” era costituita dalla riunione di quattordici Casali. Questi Casali erano Curti, S. Prisco, Casanova, ORDICHELLA (???), Svignano, S. Lucia, S. Andrea, MACERATA, Recale, Portico, Capodrise, Marcianise, Airola e Grummo…».

e) SECOLO XVI – ANNO 1512 di Gesù Cristo
1 - «La città di S. Maria C.V. e la sigla S.P.Q.C.» di R. Perla : «… Ma è proprio dell’antica Capua che ci vengono prove più antiche della nostra rappresentazione civile. Un documento del 19 luglio 1512, XV indizione, mostra che cinque eletti dei Casali componenti la così detta “Terra di Lagno” che, oltre la Comunità di S. Maria Maggiore, comprendeva Curti, S. Prisco… omissis… MACERATA, Recale, ecc…».

f) SECOLO XVII – ANNO 1613 di Gesù Cristo
1 – Massaro A. - «Francesco d’Isa: commediografo capuano», pag. 38: «… nella visita del 1613 del Rev.mo don Felice Siliceo, si fa cenno alla chiesa di Macerata, restaurata, come detto, con il concorso di molti benemeriti cittadini di Macerata. Ed, a proposito della rifondazione della chiesa ad opera del D’Isa, appare di grande rilievo lo atto, rogato dal notaio Anton Giulio Cantelli, alla presenza dei fratelli D’Isa (Francesco e Gio. Domenico) il 27 aprile 1614, nel quale, oltre ai due fratelli sacerdoti, intervennero gli eletti del “paese” (Giovan Pietro di Lorenzo e Gabriele D’Addio), che, unitamente a molti altri “patres familias” dell’Università di Macerata, si erano congregati precedentemente, in “loco solito delle chianghe” ed un “volgar sermone”, avevano tenuto un pubblico parlamento cittadino per stabilire che tutti gli amministratori, eletti, sindaci e gabellotti, che avevano amministrato il Casale, e dato i conti relativi, non “habiano nel futuro ad essere travagliati indebitamente per causa di visione dei conti…” di un casale più che ricco in popolazione e beni, come evidenziato nelle seguenti pagine tratte dalla « Storia Sacra della chiesa metropolitana di Capua» di F.M. Granata.
 


DELLA STORIA SACRA DELLA CITTA’ DI CAPUA
Di GRANATA FRANCESCO
§ XVI.
MACERATA

La Chiesa Parrocchiale va sotto il titolo di S. Martino Vescovo, e se ne fa menzione nella Tassa Antica; e dal Monaco, a dì II Novembre: R.E. Sancti Martini de Villa Macerata in tarenis septem, O granis decem. Questa è la Chiesa Parrocchiale più ricca della Capua Diocesi, andando quasi del pari con quella di S. Marcello Maggiore, e di S. Maria la Fossa, nella rendita di circa annui ducati settecento.
In essa vi è un Benefizio sotto il titolo de’ Sette Dolori della Vergine: vi sono ancora due Benefizi semplici, uno detto dal Jaconato col peso di mantenere un Chierico, o sia Jacono, che serva la Chiesa Parrocchiale, e contribuirgli annui ducati sei, altro Juspadronato della Famiglia Peccerillo, ed è legato di Messe a carlini tre per ciascuna.
Nella stessa Parocchia sono cinque Cappelle: cioè del Corpo di Cristo, del Santissime Rosario, de’ Sette Dolori, del Monte de’ Morti, e la Cappella di S. Martino. Vi è anche una Congregazione sotto il titolo di S. Michele, che si mantiene con elemosine degli stessi Fratelli.
Si venera in essa Chiesa una bella Statua di S. Martino, opera del famoso Giacomo Colombo. E si pregia la medesima Chiesa di aver avuto ne’ tempi addietro per suo Rettore il chiarissimo Letterato Francesco Capuano.
Fuori del Casale di Macerata sulla via di S. Maria Maggiore è una Cappella, o Romitorio detto S. Maria delle Grazie.

La Cura di ottocentoventidue anime si porta dal Parroco, e dal suo Economo Curato.

 
 
DELLA STORIA SACRA DELLA CITTA’ DI CAPUA
di GRANATA FRANCESCO
§ V.
CATORANO

La Chiesa Parrocchiale di questo Casale ha il titolo di S. Marcello Martire, ed in essa vi sono più Cappelle: cioè del Corpo di Cristo, del Santissimo Rosario, e de’ Morti, amministrate tutte e tre da’ Laici. Inoltre vi è la Cappella della Vergine Annunziata, alla quale è annesso un Benefizio Juspadronato della Famiglia Stellati. Un’altra Cappella della Vergine Assunta con un Benefizio de’ Stellati Seniori.

Vi è anche la Cappella di S. Maria della Consolazione, con un Benefizio Juspadronato della Famiglia Ferrari. Ed in fine vi è la Cappella di S. Gennaro, in cui è parimenti un Benefizio, Juspadronato della Famiglia Stellati Juniori.

Fuori della Chiesa Parrocchiale è una Chiesetta sotto il titolo di S. Lorenzo Martire, e vi è un Benefizio, Juspadronato della Famiglia Pisani.

Di questa Chiesa Parrocchiale di Catorano Michele Monaco lasciò scritto, come segue: Ecclesia S. Marcelli de Caturano omittitur in Taxa Antiqua Decimarum.

 

DELLA CITTA’ DI CAPUA LIB. III CAP. I

Est tamen cogitandum, Ecclesiam hanc S. Marcelli post dictam Taxam erectam esse, cum Villa Caturani sit multum antiqua, O extaret in Terra Lanei anno MCCLXXII. Sicut docent Instrumenta Monialium S. Joannis: cogitandum potius alteri Ecclesia, nobis ignota, Rectoriam hanc olim unita. Fortasse unita S. Marcelli Majori intra Capuam, antiquitus enim Ecclesia Dixcesis solebat uniri Ecclesiis existentibus in Civitate, ut supra babuimus in S. Francisco, Ecclesiae S. Petri ad Monteronem intra Capuam, suisse unitam Ecclesiam S. Petri in Corpus. Accedit conjectura (etsi levis) EX CAMPO S. MARCELLI MAJORIS PROPE CATURANUM.

Cotesta Parrocchia di S. Marcello ha le sue Congregazioni del Santissimo Sacramento, del Santissimo Rosario, e di S. Michele.

Il Parroco ha la cura di circa seicentonovantacinque Anime.

 

DELLA STORIA SACRA DELLA CITTA’ DI CAPUA
di Granata Francesco
§ XX.
MOSECILE

Era nella Capuana Diocesi il Casal Mosecile, ora già distrutto, di forte che appena tre, o quattro case vi sono rimaste con una picciola Parrocchia col titolo di S. Marcello Martire. Di essa parlò l’Antica Tassa delle Decime con queste parole: R.E. Sancti Marcelli de Villa Musicili in tareno uno, O granis decem, O medio i S. Marci de dicta Villa Musicili in tareno uno, O granis decem. Il suo Paroco ha la cura di circa sedici Anime.

 

§ VI.
CASALBA

La Tassa Antica delle Decime, più volte a Noi sopra riferita, fa menzione della Chiesa Parrocchiale di Casalba colle seguenti parole: Rectoria Ecclesia S. Maria. In quella Chiesa vi sono due Cappelle: cioè del Corpus Domini, e del Santissimo Rosario, amministrate da’ Laici, e senza rendite. Vi è un Benefizio, Juspadronato delli Caserta, sotto il titolo di S. Maria di Costantinopoli; ed il Parroco ha la cura di cento cinquantaquattro Anime.

 

DELLA CITTA’ DI CAPUA LIB. III CAP. I
§ XI.
CUZZOLI

Nel Privilegio del Pontefice Alessandro III si fa menzione della Chiesa di S. Erasmo de’ Gasoli. E certamente il Casale di Gasoli, ora Cuzzoli era una competente Paese della Capuana Diocesi; ma poi all’intutto fu abbandonato, e distrutto, tanto che appena le di lui Anime arrivano al numero di dieci. Vi è la sua picciola Parrocchia, e ‘l Parroco risiede fuori di essa, tenendo raccomandate quelle poche Anime alla cura del Parroco viciniore. Il Santo titolare di questa Parrocchia è S. Gregorio. Del Casale non ne rimane alcun vestigio. Gli Abbitatori risiedono parte in una gran Massaria, o sia Tenuta, che dalla Nobile Antichissima Famiglia Caprio passò al Monastero di Donne Monache di S. Maria in Capua, e chiamasi la Starza dell’Abbadessa e parte della Massaria de’ Lanza, Patrizj Capuani (PECOGNANO, “diruto casale”), chiamata la Massaria delle Mela.


Questi sin qui riportati sono riferimenti documentali cronologici portati a sostegno della tesi da noi sostenuta, che il termine MACERATA, usato, fin dal V-VI secolo dopo Cristo, per indicare il nostro paese e la comunità che in esso viveva, non deriva dalla “maturazione” della canapa! Noi, comunque, dopo averne accertata documentalmente e storicamente, come visto innanzi, la presenza sin dal secolo VII dopo Cristo abbiamo fatto ulteriori ricerche poiché eravamo convinti che risalisse ad un periodo ancora più antecedente al VII secolo dopo Cristo!
Come già detto alla fine della seconda parte, discutere «etimologicamente» di una parola vuol dire farlo in opposizione al significato e valore correnti che si danno al termine.
Il nostro convincimento è sempre stato quello che l’appellativo “Macerata” non sia motivato, dalla produzione della canapa, ma da qualche grave episodio di distruzione, relativa alle invasioni barbariche (quella dei Vandali guidati da Genserico del 455 d.C. o anche prima) e fu scelto quel termine proprio per il significato “non corrente” che si intendeva dare al nostro villaggio o “villa”, come altrove si è detto. VILLA “MACERATA” , dunque. Noi siamo d’accordo con questa motivazione e la sosteniamo perché abbiamo trovato riscontro della nostra corretta interpretazione del verbo latino “macero” in molte opere di autori latini.
Ne abbiamo trovato riscontro in Orazio, per esempio, che nelle sue opere ha frequentemente usato il verbo “macero” con il significato di distruggere (NOS FAME MACERANT = CI DISTRUGGONO CON LA FAME) e in Varrone, che dà al termine “maceries – ei” il significato di desolazione, distruzione; mentre Cicerone dà a “maceria – ae” il significato di distruzione (“nulla casa, nulla maceria” – Voc. Calonghi).
E anche in Tito Livio troviamo il verbo latino “macerare” con il significato di “distruggere” (… me macerat Phrine!) e poi Velleio (… pars exercitus “macerata, perductaque” = parte dell’esercito perduta e distrutta). E tanti altri ancora potrebbero esser gli esempi da portare all’attenzione del lettore. Come, e non ultima, quella suggestiva ritrovata da noi nel «Dizionario Toponomastico della Campania», che dà il toponimo “MACERATA” come derivante da “macereto”, inteso nel significato di ammasso di “macerie” oppure “luogo scosceso pieno di detriti”.
Ma suggestiva e interessante è anche l’altra considerazione, reperita nel Pratilli e in Michele De Crescenzo (Stemmi dei Comuni della Provincia di Caserta), che lo utilizzo del nome “MACERATA” era motivato dall’uso di piccoli “tumuli” di pietrame di risulta (maceries – ei), che venivano utilizzati, di solito, per delimitare campi coltivati, proprietà terriere in genere, direttive (direzioni stradali) per stradelle e strade campestri (onde evitare che si attraversassero campi coltivati con danni alle colture). Questi tumuli, quindi, avevano la stessa funzione delle “pietre  miliari” delle strade importanti, fatti di roccia lavorata, meno reperibile e più costosa.
Noi, a questo punto, riteniamo di avere ampiamente e chiaramente dimostrato la giustezza della nostra tesi sulle origini etimologiche della denominazione “MACERATA”, data alla nostra cittadina. Ma, prima di chiudere questo capitolo e passare alla parte conclusiva, voglio fare qualche considerazione sulla produzione della canapa a Macerata. Questo tipo di produzione, coeva di quella del lino e dello sparto, non fu molto conosciuta nell’epoca romana in Italia e in Europa, se non per l’utlizzazione nella produzione di cordame e nella nostra zona cominciò a essere utilizzata verso il XV secolo dopo Cristo (ne fa cenno Marchini Ascanio nella sua “AGRICOLTURA” alla pagina 222 e seguenti). Anche noi siamo convinti di ciò, perché nei testi da noi letti, riferiti a Capua antica (attuale S. Maria C.V.), abbiamo trovato indicazioni sulla presenza di drappi di tessuto di lino (nelle tombe) e di altre piante tessili, come la rubia e lo sparto (che è una pianta graminacea dalle foglie lunghe fino a 60 cm e coriacee. Debitamente macerato lo sparto si prestava ad essere utilizzato per lavoro di intreccio grossolano (per corde, stuoie, sacchi e otri “impeciati”).
Le produzioni di lino, della rubia, dello sparto (la nostra “ginestra”, in effetti) furono molto fiorenti nelle zone agricole “intorno a Capua” (attuale Santa Maria Capua Vetere). Gli autori da noi letti riportano notizie del ritrovamento, di alcune tombe di epoca romana (anche nella zona sud – orientale di Capua antica, cioè la zona di “Macerata”), di lembi di tessuti di lino e lana di produzione autoctona. Era notoria in tutto il mondo romano (e non solo) la produzione delle corde di “sparto” prima e canapa (molto più tardi), prodotte dagli artigiani delle aree agricole in Capua antica, specie nella zona sud – orientale. In essa, infatti, nella “Terra Lanei” (terra del lagno) esisteva un  pantano nel quale venivano portate e messe al macero tutte la piante tessili compreso lo sparto che veniva da fuori.
Francesco Granata nel suo «Storia civile di Capua» (attuale Santa Maria Capua Vetere), alla pagina 73 del libro I, continuando nella descrizione delle attività economiche di Capua antica (artigianali ed agricole), così scrive: “in Capua si destinava in  quel tempo la compra (il commercio) delle “funi”, delle “fiscine”, di varie fogge, dell’«anfore di sparto» e dello sparto istesso, che, come riscontra il Pellegrino a pag. 555 del suo testo su “Capua” (attuale S. Maria C.V.), «sull’autorità, che allega, altro non era, che le nostre “ginestre”, cioè quelle che vi venivano condotte (in Capua antica) dai luoghi vicini…». Dopo la macerazione, che avveniva quasi certamente nella nostra zona (adiacente e facente parte della “Terra Lanei”, a sud della strada dell’«Acqualunga», le piante tessili venivano lavorate e immesse poi nel mercato capuano per poi essere commerciate in tutto il mondo conosciuto dai Romani. Autorevole conferma che Capua (attuale Santa Maria Capua Vetere) fosse molto nota nell’epoca romana per questa produzione ci viene dallo scrittore latino Catone, che nel suo “De agr. 135” così scrive: «Funis subductarius, spartum omne Capuae» (La fune che serve a tirar su, tutta (fatta) di “sparto” di Capua - attuale S. Maria C.V.) - (Catone ci narra che i poveri, contadini e altre categorie, indossavano calzature con suole fatte con lo sparto intessuto – soleae sparteae - come dal Vocabolario di latino Calonghi: voce “SPARTOM” oppure SPARTUM). Non abbiamo mai travato riferimenti evidenti alla canapa, in questo settore di ricerche.

Ma, ritornando alla produzione della canapa, che, secondo alcuni, starebbe alla base dell’etimologia del nome “macerata” noi, oltre a riportare il lettore a quanto abbiamo prima detto, vogliamo fare un’ ultima considerazione! Il termine “Macerata” può essere riferito:
a) all’oggetto della “macerazione” (cioè la canapa, il lino, lo sparto) che è un momento del processo chimico che il vegetale subisce e che è presente nel tempo soltanto per un brevissimo periodo dell’anno e perciò non può essere un riferimento storico toponomastico;
b) a un luogo (vicus, pagus, villa, casalis) da individuare, riconoscere, identificare attraverso e per mezzo di oggetti, cose, conformazioni topografiche naturali o artificiali che mettono il viaggiatore in grado di “riconoscere” un luogo e di “riportarlo” ad “utenze” di qualsiasi genere (viaggiatori, commercianti, religioni, storici, geografi, ecc.).
Noi ovviamente, in coerenza con quanto siamo andati fin qui sostenendo, sosteniamo l’ipotesi di cui al punto (b): il toponimo “MACERATA” deriva sì dal verbo latino “macero – as – avi – atum – are” ma nel significato di «distruggere » e, quindi “MACERATA” per “distrutta”.
Come autorevolmente e chiaramente riporta nel suo «AVVIAMENTO ALL’ETIMOLOGIA ITALIANA – DIZIONARIO ETIMOLOGICO» di Giacomo Devoto dal latino: «maceria: muro rustico di cinta (distrutto?!)», astratto di “macerare” cioè distruggere e ridurre in macerie.