Parte Quarta - Conclusioni
A) ORIGINI        B) SITO

Alla luce di quanto esposto nella I – II – III  parte e considerando esatte, fino a prova contraria comprovata, le nostre ipotesi iniziali di lavoro, possiamo dire di aver dato un valido e definitivo (crediamo!) contributo alla storia del nostro Comune, avendone precisato:
a) la localizzazione; b) l’etimologia del nome; c) le origini (e/o l’epoca più antica) che noi abbiamo ritenuto storicamente documentate.
Infatti, per quanto riguarda il primo punto, possiamo ipotizzare, con un buon margine di ragionevole verità, che siano esistiti tre diversi nuclei abitativi della nostra Macerata. Il primo fu quello originatosi intorno al nucleo costituito da quella “Aedes Alba” di liviana memoria. Esso si trovava, come abbiamo dedotto dalle cartine qui annesse, all’interno delle fortificazioni che gli Etruschi prima e i Romani poi crearono intorno alla loro CAPIS/CAPUA. Questo primo nucleo andò, molto probabilmente, distrutto nel 455 di Gesù Cristo ad opera dei Vandali di Genserico.
Il secondo(come per Capua??), la cui costruzione fu iniziata dai profughi del primo, era dislocato più a sud rispetto al primo, a cavallo della strada che collegava Capua romana (attuale S. Maria C.V.) con la città di Atella, appena fuori Porta Atellana. Il territorio di pertinenza di questo secondo complesso pensiamo sia quello posto a sud dell’attuale strada ferrata S. Maria Capua Vetere confinante con i territori di S. Andrea, Curti, Portico e che, secondo il Pratilli, era lambito dalla via Appia, la “regina viarum”(24a). Ebbe un debole incremento urbanistico, demografico ed economico per effetto e a causa delle periodiche invasioni barbariche e della loro rapace dominazione. Certamente questo nucleo seguì le vicissitudini della Capua romana (da cui dipendeva sia per l’economia in genere, sia per la sicurezza) e fu distrutto dai Saraceni nell’incursione dell’841 di Gesù Cristo.
Il terzo nucleo, che noi riteniamo essere il più probabilmente coincidente con la nostra attuale Macerata, sorse dalle rovine del secondo, forse conurbandosi intorno a qualche convento di religiosi(25a) di una certa importanza e di discreta mole. Se ipotizziamo la presenza di qualche convento o casa di religiosi o tempio pagano, lo facciamo in considerazione del fatto che la pertinenza di Macerata fu sede del ritrovamento di spoglie di martiri cristiani e di Santi (S. Rufino, S. Rufo). In questa ipotesi siamo confortati da quanto scrive il Rucca Giacomo nella sua «Capua Antica», alla pagina 72, «… Come vedremo, tutti i tempii extramurari di Capua antica (attuale S. Maria C.V.) ebbero dei “Paghi” (da “pagus” = villaggio) intorno, di origine remotissima; ma è verosimile, che alcuni di essi fossero accresciuti nel IV Secolo Cristiano, quando, essendo proibito sotto i figli di Costantino, il culto degli Dei pagani, gli Idolatri (non cristiani!) si ridussero nei “Paghi” a continuare l’esercizio della loro falsa religione e delle loro festività pagane…». Forse la fuga dalle città, impoverite dalle periodiche invasioni barbariche, divenne una necessità vitale, come ci dice il R. Perla a pagina 110 del suo «S. Maria C.V. e la sigla S.P.Q.C.»: «… è presumibile che la parte di popolazione che andò via dalle città, si sia principalmente diffusa per “moto centrifugo nei vari “paghi” che la circondavano».
Fu questo terzo villaggio a dare i “natali”, nel 935, al Vescovo di Caiazzo Stefano Menecillo(26), morto in santità a 88 anni. A partire proprio dal X secolo dopo Cristo questo terzo villaggio ebbe un incremento continuo malgrado le invasioni e l’oscurantismo del periodo medioevale. L’afflusso della ricchezza consentì un discreto incremento urbanistico e demografico, mentre le condizioni di vita cominciarono ad essere più confortevoli. Tra le produzioni più redditizie pare ci sia stato il profumo di rose(28) e delle botti da vino(27).
Non ci è pervenuta alcuna notizia circa il procedimento usato per la distillazione del profumo delle rose, ma sappiamo che esso alimentava un’industria artigianale floridissima, avente il suo centro commerciale in Capua (attuale S. Maria C.V.) di cui abbiamo notizia anche in Capua longobarda (Enciclopedia delle Regioni, pag. 18).
Di quanto riferiamo circa il profumo di rose, abbiamo trovato riscontri anche nel «CAPUA» vol. I di Perconte Licatese Alberto che alla pagina 48 scrive: «… Le attività principali (di Capua romana, attuale S. Maria C.V.) erano legate alla abbondantissima produzione agricola: grano, vino (di non buona qualità), olio, agrumi, ROSE (da cui era estratto il profumo “seplasio” – dalla famosa strada e quartiere già citati); seguiva l’allevamento del bestiame (bovini ed ovini), l’artigianato; l’industria del bronzo e del rame e della ceramica in genere.


C) L’ETIMOLOGIA DEL NOME

Circa l’etimologia del termine “Macerata”, per quanto già detto in precedenza, diamo valore di certezza all’ipotesi da noi sostenuta.

Riteniamo, infatti, inopportuna ed infondata la tesi che vuole risalire l’origine del nome Macerata al verbo latino “macero – as – avi – um – are”, inteso nel significato di ammollare, inzuppare, macerare, riferendolo ad una delle fasi di lavorazione della canapa e corrispondente al termine dialettale “maturare” la canapa.

Per i motivi già detti, noi crediamo, invece, che il termine latino a cui abbiamo accennato sia, sì da prendere come origine etimologica del nome Macerata, ma con il significato che gli danno Orazio, Livio, Varrone, Cicerone, Velleio. Cioè “distrutta”, “resa in macerie”, “MACERATA”.

MACERATA, quindi, nel significato di abbattuta, rovinata, distrutta e noi siamo d’accordo perché spinti da tre considerazioni:

a - quella relativa alle citazioni del termine Macerata, contenute negli Atti della Invenzione del Corpo di S. Rufino, stilati e datati nell’anno 688 di Gesù Cristo, come riportato da Iannelli e Michele Monaco(30), il quale  accenna, parlando del luogo d’origine di S. Stefano Menecillo, un villaggio allora (935) chiamato Macerata(32);

b – quella relativa alla produzione della canapa. La coltivazione della canapa (CANNABIS INDICA della specie SATIVA o Canapa comune) non può risalire che a dopo i secoli XII – XIII, perché trattandosi di una coltura esotica(31) proveniente dalla Cina non può non essere posteriore al viaggio del Polo nel Katai;

c – quella, infine, delle citazioni documentali di Macerata riportate nella Parte terza che risalgono al 688 di Gesù Cristo.

Concludiamo, quindi, dicendo che il nome “Macerata” può esser fatto risalire ad un’epoca di poco posteriore alla distruzione dei Vandali (455 dopo Cristo); che la localizzazione (il sito) è quello dell’attuale Macerata Campania; che facciamo risalire l’origine etimologica del nome al verbo “macero”, ma usato nel significato che gli danno Orazio, Cicerone, Livio, Varrone, Velleio e non mai riferito alla coltivazione della canapa, peraltro molto estesa ed intensa nel nostro agro e in quelli marcianisano, portichese, atellano, fino alla prima metà di questo secolo.

Da quanto finora detto e commentato, si evince che la nostra Macerata, data la sua antichissima origine e la sua posizione geografica, storicamente accertata (secondo noi), non può non essere stata compartecipe di tutti quegli eccezionali avvenimenti che hanno visto Capua etrusco/romana (l’attuale S. Maria C.V.) attrice della storia. È nostra convinzione che l’Anno Primo della “nostra” Macerata possa farsi coincidere con l’Anno del Signore 842 e che l’origine etimologica del nome sia quella da noi descritta e sostenuta.

Alle opinioni da noi finora esposte, diamo il significato di certezza. Noi, frattanto, tenendoci in prudente riserva, aspetteremo che altri possano apportarvi nuova luce di verità storica con lo studio diligente di opere inedite e più valide, sempre protestandoci con Cicerone:

«DEFENDAT QUOD QUISQUE SENTIT,

SUNT ENIM IUDICIA LIBERA.

NOS QUID MAXIME SIT PROBABILE

REQUISIVIMUS» (LIB. IV – AU. TUSC. – CAP. IV).

(OGNUNO DIFENDA TUTTO CIO’ IN CUI CREDE, LE OPINIONI SONO INFATTI LIBERE.

NOI ABBIAMO RECEPITO CIO’ CHE APPARIVA MAGGIORMENTE CREDIBILE)


L’AUTORE
Capuano Pasquale