Parte Prima - Capitolo Secondo - Il nome, il casato, la famiglia

Il luogo d’origine: MACERATA
Alcuni autori identificano il luogo di nascita di S. Stefano Menecillo, dando nomi diversi alla località:”in terra lanei”14, i lagni15 o”il lagno”,16 altri la indicano con l’espressione”... in loco lanei...”17 oppure”nella zona dei Lagni”18 o anche ”Macerata di Capua...”19 e ”Macerata Campania a sud del Volturno”20 e, infine” in loco qui Macerata nuncupatur…”.21 Macerata Campania, all’epoca della nascita di Stefano Menecillo era ancora un ”casale”, villaggio/satellite dipendente, di ciò che rimaneva della grande Capua etrusco/romana, di cui aveva condiviso il destino.22 Come e con Capua antica, aveva dovuto subire gli effetti deleteri di terremoti, pestilenze, guerre locali, inondazioni, invasioni barbariche ma anche periodi, seppur brevi, di benessere e agiatezza in cui rifiorirono le arti, i costumi si ingentilirono e la fede cristiana si rafforzò nei cuori con effetti positivi sulle vocazioni.
Nella prima metà del secolo X dopo le invasioni barbariche, tra le quali quella degli Ungari (937) e quella dei Saraceni del 945, che avevano portato alla quasi totale distruzione della Capua Antica e dei suoi ”pagi” e danneggiato non poco la Capua longobarda con i suoi ”casali”, durante un periodo di relativa pace23 si affermò la potenza politica, sociale e religiosa di Capua sul Volturno e Macerata divenne una comunità totalmente dipendente dalle fortune di quella città, sotto l’influenza diretta dei principi che la governavano. Quando nel 935 Stefano Menecillo nacque, Macerata era un ”casale” della Capua longobarda, allora governata da Landolfo Primo e due anni dopo la nascita del Santo subì gli effetti dell’invasione degli Ungari, come detto che dilagarono in tutto il territorio del Principato di Capua per diversi anni. Io non mi sento di escludere che nella decisione dei genitori del piccolo Stefano di inserirlo nella comunità religiosa di S.Salvadore ad Curtim, per avviarlo poi alla vita ecclesiastica, ci siano state le preoccupazioni, proprie di tutti i genitori, di tenere in sicurezza la prole in luoghi difficilmente accessibili. Capua nuova era una città fortificata perciò relativamente sicura per il piccolo Stefano; tanto più che era luogo di residenza di altro ramo dello stesso casato, ai cui componenti il futuro Santo era stato certamente raccomandato. Ma gli antenati di S.Stefano Menecillo erano presenti in Capua antica e Macerata da diversi secoli, prima che Lui venisse alla luce. Io credo, anche per questo, di essere non lontano dal vero quando ricollego alla produzione del profumo di rose24 la presenza della”Gens Menecilla”in Macerata. A quale altro motivo, se non a quello economico (che sempre prevale su tutti gli altri !), possiamo infatti far risalire la presenza a Macerata di questa nobile Casata,25 discendente dal RAMO CADETTO della Gens Julia di romana memoria? Io ritengo, perciò, che Giovanni e Guiselberta26 Menecillo genitori del nostro Stefano, si siano trasferiti da Capua nel nostro villaggio per curare di persona i loro interessi; interessi legati a motivazioni socio– politico–militari,27 certamente, ma riconducibili anche all’industria di quel profumo di rose, di cui la nostra AEDES ALBA/MACERATA era una delle zone di produzione.28
La Macerata del secolo della nascita di Santo Stefano Menecillo (sec. X), dai più descritta come un qualsiasi villaggio dell’epoca feudale, nel quale la gran massa della popolazione viveva dei prodotti della terra e nel quale la vita ”scorreva con grande uniformità, perchè la maggioranza dei cittadini conduceva la stessa vita, incolore e tranquilla, dell’agricoltore… l’uomo identificava l’orizzonte del podere che coltivava (quasi mai di sua proprietà!) o al massimo con quello del borgo in cui abitava…”.29 Io mi permetto di dissentire da questi stereotipi di pace agreste e rappresentazioni di scene di vita operosa, idealizzata ed idilliaca, in mezzo ai campi od ai boschi. Non credo, infatti, possibile che una qualsivoglia pace sociale abbia potuto caratterizzare la vita di una comunità della seconda metà del X secolo, come Macerata, dove una gran massa di persone era costretta a prestare la propria opera nei campi, su terreni quasi mai di sua proprietà e nelle botteghe artigianali con la sola speranza (non sempre esaudita (?)) di poter disporre del necessario per il sostentamento dell’intera famiglia o, al massimo, di condurre una vita sufficientemente modesta, se proprietari di un piccolo campicello o dotati di una buona manualità “artiera”.30 Queste realtà sociali, tipiche del Medioevo, erano quasi sempre gestite, come a Macerata in tutti gli aspetti della vita canonica, politica, religiosa da grandi Casati,31 che esprimevano dal loro seno sacerdoti, abati, vescovi, arcivescovi sicché Casati questi condizionarono, com’era ovvio che fosse, tutti gli aspetti della vita sociale: la religione, la politica e l’economia. Ma il caos, la miseria, il degrado dei valori spirituali, conseguenti a episodi di guerra e di guerriglia di confine tra feudatari o all’interno dello stesso Principato di Capua, vennero aggravati dalla sua invasione a parte di intere popolazioni barbariche32 in quella prima metà del X secolo e determinarono condizioni di massima precarietà, di pericolo e di paura per tutti gli infermi si rifugiavano, confidando in Dio, nella preghiera: “... In tali condizioni anche l’ordinamento ecclesiastico si rilassa, si sconnette e la Chiesa del Principato di Capua entra in una fase di decadenza materiale e morale. Quasi tutti gli enti ecclesiastici, nel territorio della Contea di Capua, tendono, atterriti, a chiudersi in sè; a seguire i propri riti e forme di culto, insensibili ai richiami dall’alto: quasi a cadere in una forma autonomistica di fede. Le piccole Chiese rurali sono assorbite nel grande feudo religioso e sono costrette ad inquadrarvisi, come avvenne per quella di Macerata che divenne “suffraganea” del Vescovo di Capua, che ottenne la Metropolia nell’anno 966.33 In questo periodo Vescovadi e Monasteri diventano organismi secolareschi, che tendevano a conservare con ogni mezzo i beni che avevano ricevuto da Famiglie da e Casati che volevano acquistare ingerenza nella gestione patrimoniale religiosa di quegli Enti.34
Fu in questo contesto storico–sociale–religioso che Macerata, già per due volte35 segnata da eccezionali eventi religiosi, era infatti nota come “... luogo appo il quale si rattrovava a quei giorni il sepolcro del Diacono S.Rufo” e come luogo ove fu scoperta la tomba con il corpo di S.Rufino,36 fu per la terza segnata da un evento eccezionale: la nascita del suo figlio più illustre, da Dio destinato agli onori dell’Altare, Stefano Menecillo. In quei tempi all’interno dei monasteri, in una condizione di quasi sicurezza, si pregava e si lavorava. Monaci e suore, o semplici chierici e “nutriti”, ricevevano vitto, alloggio, abiti, protezione e cultura. Tutto ciò era moltissimo di più di quello che avevano le persone all’esterno (quasi niente! n.d.a) e giustificava la massiccia schiera di aspiranti a diventare uomini di chiesa. In questo periodo i monasteri avevano un ruolo molto importante nella società. Oltre ad aver cura dei poveri e dei malati, pregando per le loro anime e somministrando medicamenti, vi erano biblioteche di testi sacri e classici, copiati a mano, che rappresentavano la base della cultura di quel tempo e ovviamente non solo nella contea longobarda di Capua. In molti monasteri, o case di accoglienza presso le badie più importanti, vi erano scuole in cui i giovani chierici, che mostravano particolari attitudini all’apprendimento e disponibilità di doti spirituali, ricevevano un’istruzione più ricca e venivano avviati alla vita ecclesiastica. È quanto certamente secondo il nostro modesto avviso, avvenne per il nostro S.Stefano. Ma come fu possibile per il piccolo Stefano stante, come ho detto nel precedente paragrafo <<Il contesto storico ecclesiastico>> l’esplicito divieto espresso nel Sinodo Beneventano, fatto a tutti i membri del clero di trasferirsi dalla propria parrocchia e di accogliere chierici provenienti <<ex alieni parochia>>?? Questo divieto fu sancito, e divenne regola inderogabile, per contenere l’ambizione e la cupidigia del clero a cominciare dai chierici (… casti abimo usque ad summum), sempre alla ricerca di parrocchie ricche. Non era questo il caso di Giovanni e Guiselberta Menecillo quando, per ovviare al divieto sinodale, decisero di affidare il loro piccolo Stefano ai loro parenti, residenti in Capua longobarda, perché risultasse non proveniente <<ex aliena parochia>> e fosse accettato poi in S. Salvatore a Corte (o Maggiore) come chierico. A ciò furono consigliati certamente dal prelato locale sulla base dell’osservazione della personalità del bambino e di qualche evento in odore di santità (forse la reiterazione del miracolo del pane?).
A questa conclusione siamo giunti per diversi ordini di motivi tra i quali il più determinante c’è venuto dallo studio dei verbi del testo latino sottolineati riferiti a S. Stefano e riportati in << selectae Sanctorum Vitae, Festa Octobris Die XXIX – S. Stephani, Lectio IV…>>, nel quale, alla pag. 40, colonna destra, righi 2 - 3 e seguenti è riportato <<…PIE AC SACTE INSTITUTUS ET COELESTI GRATIA AUCTUS PUER AMORE DEI PROFICIENS, VITA CREVIT QUOTIDIE SANCTIORE. SEPTIMUM AGENS AETATAS ANNUM CAPUAM PROFECTUS APUD PAROCHIALEM TITULO DOMINI SALVATORIS MAIORIS ECCLESIAM, SCIOLIS A PARENTIBUS TRADITUS EST…>> amorevolmente educato e religiosamente istruito accresciuto nella Grazia Divina, migliorando nell’amore di Dio il pargolo viveva una vita di giorno in giorno più santa essendo nel settimo anno di età cresciuto (vissuto n.d.a.) a Capua fu portato dai genitori nella scuola presso la chiesa parrocchiale intitolata Salvatore Maggiore (vedi foto in appendice). Questa è la lezione da noi evinta dalla lettura dei testi agiografici.

 

La casa dove nacque S. Stefano Menecillo - Macerata Campania (Caserta)
La casa dove nacque S. Stefano Menecillo - Macerata Campania (Caserta)

 

 

Il nome - Il casato - La famiglia
Al nostro Santo fu imposto dai genitori, Guiselberta e Giovanni Menecillo, il nome di battesimo di Stefano. Quasi certamente il nome fu imposto in onore di S.Stefano Protomartire, protettore di Capua, dato che non ci sono pervenuti motivi di necessità di trasmissioni di ascendenza onomastica nè di rinnovi di patronimia generazionale. A meno che l’imposizione di questo nome non sia stata una premonizione inconscia della sua futura santità, poichè il bambino, era destinato per volontà divina proprio a portare l’aureola di Santo!37 Il nome Stefano, che ha le sue origini etimologiche nella lingua greca,38 ha il significato appunto di “ghirlanda” o “aureola”,39 non era raro riscontrarlo nel sec. X nel territorio della piana del Volturno e in specie nelle importanti città di Capua longobarda40 di Capua Antica41 e nelle contrade di loro pertinenza. Come nel piccolo borgo “Macerata”, quasi conurbato con quello che rimaneva della splendida e gloriosa città di Capua romana. Qui, nel X secolo, vivevano i Menecillo che sono da ritenersi collegati da vincoli di stretta parentela con i Menecillo di Capua Antica e di Capua longobarda.42
Ai Menecillo di Capua longobarda, “estintisi con un cospicuo grado di nobiltà” nel XVII secolo,43 come ci certifica G. Jannelli nella sua “Sacra Guida al Duomo di Capua” – pag. 153, sono da ritenersi riferibili i Menecillo di Macerata e la loro presenza nel nostro borgo era legata ad interessi di carattere economico di una certa consistenza.
Essi erano certamente forniti di una cospicua disponibilità economica, dovuta a proprietà terriere nel territorio maceratese (e oltre) e alla lavorazione dei prodotti della terra, che unita ai tanti privilegi dovuti e riservati a quel “cospicuo grado di nobiltà” di cui erano investiti, consentiva loro di abitare in un grande caseggiato, del tipo a corte, molto imponente, anche se senza pregi artistici ed architettonici.44 Quindi i Menecillo di Macerata non potevano essere poveri fornai, come affermano, secondo me erroneamente, il Mazzarella nel suo “Memorandum” del 1999 e A. De Simone nel suo “Vita di S.Stefano”. Io penso che la tradizione popolare maceratese che attribuisce al Santo bambino il miracolo del pane45 (che è fatto dai fornai ! sic!) abbia tratto in inganno il Mazzarella e gli altri, perchè “fare il pane ovvero cuocere il forno di pane era usanza che si potevano permettere solo famiglie dello stesso ceto sociale di quelle dei Menecillo. Pertanto le considerazioni su cui si erano basati Mazzarella e De Simone nel definire fornai i genitori del Santo sono criticabili e trovano un fortissimo dubbio da parte mia e mi fa ritenere le loro affermazioni una semplice ipotesi non suffragata da alcuna testimonianza bibliografica attendibile. Tutti i testi di storici46 (medioevali, moderni, contemporanei) letti per la ricerca di materiale utile alla redazione di questa monografia, non fanno alcun riferimento alla professionalità dei genitori di S.Stefano e tanto meno danno la qualifica di fornai ai Menecillo. Nemmeno il documento biografico fondamentale, contemporaneo e ufficiale, credibile perchè solo in esso vi sono le cosiddette “coordinate agiografiche” (Dante Marrocco “Documentazione storico–liturgica su S.Stefano di Caiazzo”), cioè le cose essenziali per una biografia attendibile: la “BOLLA DI CONSACRAZIONE” a Vescovo di Caiazzo. Senza contare gli autori contemporanei come D.Marroco, B.Di Dario e P.Gioacchino Taglialatela. Ma la conferma che i Menecillo di Macerata del secolo X siano stati di famiglia di un certo rango ci viene anche dal Michele Monaco che alla pag.177 della Pars Secunda del suo “Sanctuarii Capuani” li definisce “... scilicet degentes... ” cioè “certamente dignitosi” ovvero di una certa dignità o lignaggio. Ma anche il nome della madre del Santo, Guiselberta (dai più erroneamente così indicata), oppure Wiselperga (come correttamente detto nel contado capuano di quel X secolo), di chiara origine longobarda, ci conferma nella nostra idea della nobiltà del casato dei Menecillo. Si da infatti per certo che era costume dei longobardi tenere i popoli conquistati47 in soggezione anche psicologica, atteggiandosi a casta eletta e superiore. I Menecillo della Macerata degli anni mille erano perciò di chiara stirpe longobarda, di discrete condizioni economiche e di cospicuo grado di nobiltà e la famiglia traeva origine da Capua dove si estinse nel XVIII secolo mentre è tuttora presente a Macerata Campania con il cognome Minicillo.48 Altro discorso, ma che comunque non giustifica la condizione di povertà, e la diversità del loro “modus vivendi”, molto diverso da quello comune alla classe sociale cui, secondo quanto detto apparteneva la famiglia Menecillo. La loro fede religiosa e i principi ispiratori di bontà, tolleranza, fratellanza, carità erano sentimenti, chiaramente e universalmente, riconosciuti essere le fondamenta della esistenza dei Menecillo, non erano quelli dei nobili e cavalieri del X secolo!

 

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14 -“Selectae Sanctorum Vitae”,… Macerata, ut fertur, in terra lanei. “Sanctuarii capuani” pag.177 “…in terra lanei … vulgò lagno…latinè Clanius…”
15 - B.Di Dario “S.Stefano Vescovo e Protettore della Città e Diocesi di Caiazzo “…presso i lagni e, probabilmente nell’attuale villaggio presso Capua…Macerata”.
16 G.Taglialatela “Orazione panegirica di S.Stefano…”,…nel luogo detto lagno…”
17 D.Marrocco “…in loco lanei…”
18 A.De Simone “vita di S.Stefano”,…in un villaggio nella zona lagni…”
19 Da “Elenco dei Vescovi Calatini”
20 “Biblioteca Sanctorum”
21 G.Iannelli “Sacra Guida al Duomo di Capua”
22 P.Capuano – “Macerata. Le origini, ilsito, il nome” –2003-
23 -Dopo l’invasione del Principato di Capua da parte degli Ungari, popolo di origine balcanica.
24 P.Capuano –Macerata – Le origini, il sito, il nome, pagg.71, 76, 77 e note 26 ,27, 28.
25 -La Casata dei Menecillo, estintasi in Capua longobarda del diciottesimo secolo, con un cospicuo grado di nobiltà, è tuttora presente, il cognome “Minicillo”, in Macerata Campania. I genitori di S.Stefano abitavano in una di quelle particolari case, dette a “corte”, con ampio cortile, con locali per il ricovero attrezzi, carri e animali, foraggi, scorte di viveri e anche locali per alloggio dei “famigli” al piano terra; mentre le stanze padronali erano al primo piano. Il fabbricato, oggi trasformato in appartamenti per civili abitazioni, è situato nel centro storico al numero civico 55 della omonima via S.Stefano- Vedi foto in appendice.
26 La grafia esatta nella lingua originaria del nome della madre di S.Stefano è WISELBERTH. Mentre nei documenti della biblioteca Vaticana (Vat. Cat. 6548) è riportata come CAISELBERTA. Invece nelle scritture del contado capuano è presente come WISELPERGA, che nell’italiano volgare divenne GUISELBERTA.
27 -F.M. granata “Storia Civile di Capua” “…”…il tenore della legge sulle colonie, emanata da Giulio Cesare, intorno alla colonia capuana (territorio di pertinenza di Capua romana n.d.a.) si era che fossero menati ad abitare in Capua (attuale S.Maria C.V.) ventimila cittadini… e che avessero almeno tre figliuoli ciascuno… ai quali dividere il contado capuano (il territorio dell’attuale S.Maria C.V.)…”
28 A.Perconte Licatese – “CAPUA”, vol. I pag.49: “… nel periodo tardo imperiale romano Capua (attuale S.Maria C.V.) contava almeno 150.000 abitanti (inclusi gli abitanti dei pagus satelliti? n.d.a.)… l’attività principale era il commercio, che traeva origine dalla (ricca n.d.a.) produzione agricola: grano, vino, olio, agrumi, rose (da cui era estratto il profumo “seplasio” n.d.a.) dell’industria del bronzo, del rame, della ceramica anche artistica (vedi “Manoscritto b/473, ma di ispirazione etrusco-greca n.d.a.).
-Julius Beloch – “Campania” , pag. 382 “…Passiamo ora dai prodotti del suolo di Capua (S.Maria C.V.) a quelli dell’industria (cassiodoro in Espist. VII,33:… industriosa Campania…) soprattutto famosa per la fabbricazione degli unguenti, favorita dalla gran quantità di rose coltivate nei campi intorno a Capua (romana).
-P.Capuano “Macerata. Le origini, il sito, il nome, pag.69 -70 -71, “…possiamo ipotizzare, con un buon margine di ragionevole verità che siano esistiti tre diversi nuclei abitativi della nostra Macerata costituiti dalla AEDES ALBA di liviana memoria; il secondo, ricostruito poco più a sud del primo sulla via Atellana e presso l’omonima Porta Atellana; il terzo nucleo, che noi riteniamo essere il più probabilmente coincidente con la nostra attuale Macerata Campania… . In questa fase di ricostruzione tutti, o quasi, i templi extramurari di Capua Antica (come la Aedes Alba?!) si ritrovarono circondati e all’interno di villaggi di origine remote. È verosimile che alcuni di essi si siano ingranditi al punto da essere considerati come importanti punti di riferimento topografico… . Fu quel terzo nucleo, ingranditosi dopo la invasione e distruzione dei Saraceni dell’841, a dare i natali a S.Stefano Menecillo nel 935.
-F.M. Granata – “Storia Civile di Capua”, …altri artieri che rifiorivano,… nell’esercizio di ricomporre profumi odori… erano tanto rinomati per l’Italia i Capuani Angulati al riguardo delle loro rose sia di quelle seminate e chiuse (nelle serre?) n.d.a.), fra tutte le più tempestive, sia per quelle che la natura da se stessa cacciava fuori dai campi.
29 -A.De Simone “Vita di S.Stefano”
30 -F.M. Granata così definisce la professionalità artigianale.
31 -Gabriele Iannelli – “Sacra guida la Duomo di Capua” pag.153 nota 2. “…Ad essa famiglia apparteneva la cappella sotto il titolo di S.Apollonia, che esisteva nella Chiesa di S.Domenico. L’Arcivescovo Costa ai tempi suoi, sapendo di quelli di casa Menecillo traevano la loro origine da sì gran Santo, per divota memoria dello stesso, volle che un tal giovinetto Lorenzo Menicillo vestisse l’abito clericale il quale, poi, ordinato da esso medesimo Arcivescovo, giunse ad essere Primicero della Cattedrale: esso è quello Lorenzo Menicillo, che con suo testamento del 2 ottobre 1632, tacevasi il fondatore dell’attuale Conservatorio delle Pentite. La figura di questo prelato di grande rango, deceduto nel 1653, è ricordata in una lastra marmorea, posta in una delle sale del piano terra del Museo Archeologico di Capua.
32 -Gli Ungari nel 937 e i Saraceni nel 945 sono le più imponenti e catastrofiche in questo periodo
33 - “Dizionario Ragionato del Regno di Napoli” Tomo II, pag.140 “…nell’anno 966 Capua speciosa ebbe come suffraganee le chiese …di Macerata… ecc…”
34 - Fu così anche per i Menecillo? Io credo di si. Altrimenti come giustificare l’immediata adesione dell’Abate Pietro della chiesa di S.Salvatore “ad Cutim” all’accettazione del piccolo Stefano, come nutrito nella annessa casa per chierici e sebbene provenisse “ex aliena parochia”?
35 -G.Iannelli – “Sacra Guida al Duomo di Capua” pag.153 “…Dell’antichità di questo villaggio rendon prova gli Atti della Invenzione del Corspo di S.Rufino, secondo la lezione che il Papebrocchio (Editore Papebrock) tratte dal membranaceo codice Strozziano, i quali Atti ritingonsi nell’anno istesso della sua invenzione, cioè nel 668. In essi è menzione del “Iocus qui Macerata nuncupotur, appo il quale si rattroava in què giorni il sepolcro del Diacono S.Rufo…”
36 -S.Decoroso “Atti della Invenzione delCorpo di S.Rufino”, Bibl.Padri Bollandistici Montecassino.
37 -D.Marrocco “Documentazione storico-liturgica su S.Stefano”.
38 -Stefanos (OTEQXDOC) = serta, CORONA
39 -Premonizione della sua santità?
40 -Capua sul Volturno
41 -Odierna S.Maria C.V.
42 - F.M. Granata – “Della storia Sacra della città di Capua”, lib II – Cap. II, pag.256 “… La Cappella di S.Pietro Martire… quella dedicata a S.Apollonia, si apparteneva alla estinta famiglia Menecillo.
43 -Vedi foto della lastra marmorea in appendice
44 -Vedi foto della facciata in appendice.
45 -Secondo questa tradizione S.Stefano bambino toglieva dal forno i pezzi di pane per darli ai poveri, ma dal forno non mancavano mai e la madre non si accorgeva di nulla (o non voleva!!)
46 -Vedi la nostra bibliografia
47 -Anche quelli del Gastaldato di Capua.
48 -Rileggi la nota 31