Riflessioni sulla nostra chiesa nel suo quattrocentesimo |
Una Chiesa è... Una Chiesa rappresenta un’entità che va molto più oltre il valore intrinseco della sua struttura e delle opere d’arte che contiene. Essa è, prima d’altro, un popolo che l’ha “voluta”, “sofferta”, edificata, pagata, amata, ricostruita ogni volta che era necessario, arricchita e abbellita per renderla sempre più decorosa e degna dimora del Dio Signore, difesa e, infine, vissuta come casa propria e comune al popolo tutto. “EKKLESIA”, assemblea o comunità! In una chiesa si può, e si deve, entrare per professare la propria fede in Cristo e per qualsiasi altra esigenza spirituale – liturgica ma si deve entrare anche con la “sensibilità di cuore”, che dovrebbe essere un atteggiamento mentale di ogni buon cristiano. “Con il cuore” si potrebbe, volendo, riudire tra i canti e le musiche liturgiche di ogni giorno la sinfonia dei cori e delle voci di generazioni e generazioni che ci hanno preceduto e che in essa hanno trovato la serenità e la forza per affrontare da Cristiani le fatiche di ogni giorno e le avversità della vita.
Nella nostra chiesa vi è l’essenza di almeno quindici secoli di storia della nostra gente, (la presenza della chiesa si S. Martino Vescovo di Tours nel tempo è oggetto di un nostro ampio studio di prossima stampa) che sentiva, come ogni buon cristiano, il bisogno di recarvisi per confidare a Dio sofferenze, angosce, lacrime, gioie. In essa aleggiano i momenti lieti vissuti dalle famiglie e dall’intera comunità nella scansione dei loro più importanti momenti liturgici: battesimi, prime comunioni, cresime, matrimoni. E vi si addensano le infinite sofferenze di episodi, che in essa hanno avuto il loro triste epilogo: funerali, o messe in ricordo di persone defunte, a volte in circostanze tragiche o premature. In questa nostra chiesa tutto ciò parla di generazioni di cristiani, di folle di fedeli oranti, di religiosità e di “umanità”, a partire dal cotto smaltato del pavimento, che ne portava il segno nel suo logorio, o le strutture architettoniche e le opere d’arte del Taglialatela, del Viva, del Colombo o del restauratore Giordani. Qui, per oltre dodici secoli, i credenti maceratesi si sono fatta l’esperienza dell’essere “popolo di Dio” in cammino nel tempo e nella storia proprio attraverso le vicissitudini della propria chiesa. Con essa i Maceratesi hanno vissuto e subito gli eventi lieti e tristi, che hanno interessato la nostra diocesi in questi suoi primi quindici secoli di vita presunta. Consideriamo, perciò, questa nostra chiesa, alla quale il titolo di S.Martino di Tours dà protezione divina, come un luogo intriso di umanità e di spiritualità che il tempo, impietoso verso l’uomo, le cose e le idee, non riuscirà mai a dissolvere. Pasquale e Annamaria Capuano |
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