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Personaggi storici a Macerata Campania Stampa E-mail

Macerata Campania nel corso dei secoli ha avuto fra i suoi abitanti alcuni personaggi passati alla storia, degni di essere ricordati con onore.

È' il caso di Santo Stefano Minicillo, nato  a Macerata Campania nell'anno 935 e venerato come Santo dalla Chiesa cattolica. Fu vescovo di Caiazzo per 44 anni tra l'anno 979 e l'anno 1023, anno della sua morte avvenuta il 29 ottobre. A lui è dedicata la strada a Macerata Campania, dove è posta una lapide a ricordare il posto in cui ebbe i natali.
Durante il suo mandato vescovile, quando ancora era in vita, il popolo caiatino gli attribuì non meglio precisati fatti miracolosi che gli diedero notorietà nell'intera comunità appartenete alla Diocesi di Alife-Caiazzo.
Dall'Enciclopedia dei Santi1 apprendiamo che la cattedrale di Caiazzo, dove fu sepolto e che lui amministrava quando era in vita, divenne subito meta di pellegrinaggi da tutta la Campania. Grazie alle guarigioni che avvennero in questo luogo a santo Stefano venne attribuito il titolo di taumaturgo2. Il 22 luglio 1284 la cattedrale venne consacrata a Stefano, ormai dichiarato santo. Nel 1512 altri eventi prodigiosi guidarono il vescovo di allora al ritrovamento del corpo del santo patrono. Santo Stefano, in realtà, giaceva totalmente incorrotto, ancora vestito del piviale, della mitria e con la croce pettorale, che ancora oggi rappresenta una reliquia di notevole valore. Il corpo fu poi collocato in un altare laterale della cattedrale e nei secoli ancora risistemato, fino a giungere alla ubicazione attuale.
Per approfondimenti vai alla sezione del sito-web "La religiosità e il folclore / S. Stefano Menecillo".

S. Stefano Minicillo
S. Stefano Minicillo

Di importanza è Filippo Mincione, nato a Macerata Campania il 5 novembre 1805 e morto a Mileto il 29 aprile 1882, dottore in sacra teologia e maestro dell'Almo Collegio napoletano dei teologi, professore del Seminario dell'Arcidiocesi di Capua, vescovo di Mileto per 35 anni dal 1847 al 1882. Nella diocesi di Mileto fu il grande artefice del completamento e della ricostruzione dopo il terremoto del 1783.
Da una pubblicazione di Giovanni Quaranta3 per l'Associazione "L'Alba della Piana" apprendiamo che divenne sacerdote nel 1828 e che il 12 aprile 1847 fu nominato da papa Pio IX canonico della cattedrale di Capua, consacrato poi a Roma il 18 aprile 1847 dal cardinale Orioli. Si dedicò all'insegnamento nel seminario di Capua e divenne dottore in teologia in Napoli nel febbraio 1847, quando già il Re l'aveva designato alla diocesi calabrese. Prese possesso della Cattedra per procura e, successivamente, giunse a Mileto nel luglio 1847. Qui cercò di dare nuovo impulso alla vita diocesana: si impegnò fortemente per il completamento degli edifici della cattedrale ancora incompiuta, del nuovo monumentale episcopio e del nuovo seminario; riorganizzò la curia ed il seminario; nominò un Prefetto per il clero ed avviò la visita pastorale della diocesi. Nel 1850, data l'insufficienza del seminario per il numero degli alunni che ospitava, fece costruire a sue spese un nuovo seminario detto ausiliare o soccorsale, "costruito con tutte le regole necessarie per la decenza, per la commodità, e per l'osservanza della santa Regola", cosicché a Mileto vi furono attivi due grandi ed efficienti seminari.
Comprensibilmente, numerosi furono gli ostacoli di ordine materiale da superare, resi ancora più pesanti dai disordini politici di quegli anni. Gli avvenimenti del 1860 che impersavano l'italia, coinvolsero anche il vescovo che, fortemente legato al regime borbonico e poco incline ad aprirsi ai tempi nuovi, dovette allontanarsi dalla sede e subì un processo con temporaneo esilio. Nel 1866 l'allora Governo nazionale privò il vescovo di tutti i beni della mensa vescovile che furono sequestrati, così come pure del seminario vescovile che venne requisito per essere utilizzato come alloggio delle truppe di passaggio per Mileto. Dopo lunghissime ed estenuanti pratiche, a distanza di tanti anni, mons. Mincione ottenne la riapertura del seminario per l'anno scolastico 1881/82, ma le sue scuole per poter operare dovettero adattarsi alle disposizioni del nuovo governo.
Francesco Antonio Giovinazzo, con animo riconoscente verso il vescovo Filippo Mincione, che lo aveva ordinato sacerdote 19 settembre 1868, in occasione del 25° anniversario della sua consacrazione, il 18 aprile 1872, compose alcuni sonetti che dedicò all'amato presule "In segno di omaggio, di sincero affetto e di devozione". Il componimento è conservato presso l'Archivio Storico diocesano di Mileto in un fascicoletto al quale è allegata un'antica stampa del Protettore di Cittanova, San Girolamo.
Al vescovo Mincione è dedicata la via principale del rione Vascio 'o Vasto di Macerata Campania.

Il vescovo Filippo Mincione e il suo stemma araldico
Il vescovo Filippo Mincione e il suo stemma araldico

Va inoltre menzionato Francesco d'Isa nato a Capua nel 1572 da famiglia patrizia e morto a Roma nel 1622, dove fu sepolto nella chiesa di S. Maria del Popolo a spese di un gentiluomo suo concittadino, Vincenzo Frapperio Ratta4. Dal 1600 al 1622 ricoprì la carica di Abate curato nella Chiesa Abbaziale San Martino Vescovo a Macerata Campania5, il quale la restaurò dalle fondamenta nel 1608.
Ai tempi del d'Isa la Chiesa Abbazziale San Martino Vescovo terminava al punto ove attualmente si si trova il pulpito. Una traccia dell’epoca seicentesca della chiesa sembra essere una pittura parietale nell'interno del campanile, affresco rappresentante una Madonna con Bambino in atto di soccorrere numerose anime purganti, che a Lei implorano speciali grazie. La fondazione ex novo si rese necessaria per lo stato in cui si trovava la chiesa di Macerata danneggiata dal terremoto. La costruzione ai tempi del parroco d’Isa, ha posto la chiesa in posizione più elevata rispetto alla Via principale di Macerata (cioè Corso Umberto I) e raggiungibile dalla gradevole predisposizione della scalinata che abbraccia per intera la sua facciata. Sul portale maggiore della chiesa è posta una lapide in ricordo del resturo voluto dal rettore Francesco d’Isa e sostenuto dal popolo di Macerata: “DEO OPT MAX DEIPARAE VIRGINI AC DIVO MARTINO FRANCISCUS ISA CAMP TEMPLI RECTOR POPULUSO MACERATEN AFUNDAM INSTAURAT A.D. MDCVII”.
Tra il 1610 e il 1630 circa, sotto il nome del fratello Ottavio d'Isa, pubblicò cinque commedie: La Fortunia, L'Alvida, La Flaminia, Il Malmaritato, La Ginevra. È considerato l'ultimo valido continuatore della commedia cinquecentesca e classicheggiante4.
Dal Treccani Dizionario Biografico degli Italiani4 apprendiamo che la rinomanza di Francesco d'Isa nella Napoli del primo quarto del '600 era pari a quella di Giovan Battista Della Porta nel tardo 1500. Il commediografo Angelo Antonio Amabile in un suo prologo lo definiva "la luce dell'arte comica", colui che "con stile molto a' costumi di questa nostra età conforme ha fatto risplendere al mondo questo chiaro esempio di vita, questo lucido specchio di costumi, questa viva immagine di verità, dico la commedia" (Carmine Jannaco, Il Seicento, Milano 1966, pp. 357 s.).
A Francesco d'Isa è intitolato il Polo Didattico di Macerata Campania sito in via Roma.

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1 - da Santo Stefano Minicillo in Santi, beati e testimoni - Enciclopedia dei Santi.
2 - da Treccani, Vocabolario on line - Taumaturgo: Chi opera, o è ritenuto in grado di operare, miracoli.
3 - da "Il vescovo Mincione destinatario di alcuni sonetti nel 1872" di Giovanni Quaranta, L'Alba della Piana, ed. Marzo 2011 pagg. 3-5.
4 - da "D'ISA, Francesco" di Gabriella Romani - Treccani Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 40 (1991).
5 - da Elenco abati curati economi della parrocchia di S. Martino Vescovo a Macerata Campania di Pasquale Capuano.

 
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