Macerata e l'archeologia Stampa E-mail

Macerata è stata, nel corso dei secoli XVII – XVIII – XIX, un sito archeologico di un certo valore artistico – storico per i numerosi reperti rinvenuti nel territorio di pertinenza maceratese. E non poteva essere altrimenti considerato quanto finora scritto sia in riferimento al sito e sia in riferimento alla “antichità” della sua origine.
Nei precedenti capitoli noi ne avevamo ipotizzato la «localizzazione» presso la Porta Atellana (che abbiamo visto certificata da altri autori in prossimità delle «cinque vie in zona Cappella della Madonna delle Grazie». Nelle diverse epoche storiche, che caratterizzarono gli usi e costumi di Capua antica (attuale S. Maria Capua Vetere) il culto dei morti ebbe diverse connotazioni espressive nell’arte funeraria, nelle liturgie, nei riti di tumulazioni dei cadaveri influenzate tutte dalle varie civiltà che condizionarono e modificarono nel corso dei secoli la civiltà capuana. Ma in tutto questo processo di sovrapposizioni di civiltà, fatta di arte, di religioni, di razze, di storia diverse, una particolarità del culto dei morti fu comune a tutte l’epigrafia funeraria.
Ad un certo punto delle nostre ricerche tese a trovare le giustificazioni e i riscontri storici a quanto era già a noi noto sin dai nostri studi universitari circa la comunità delle origini della attuale Macerata Campania, ci siamo imbattuti in un manoscritto inedito (che riportiamo più avanti) che descrive, quasi verbalizzando, la scoperta nel 1754 di un sepolcro di epoca romana in territorio maceratese, che si sovrapponeva ad un altro sepolcreto di fattura etrusco-osca.
Nella prima parte della seconda edizione di “MACERATA – le origini, ilsito, il nome, la lingua” abbiamo già credo ampiamente, chiarita e accettata l’ipotesi dell’esistenza anche nella zona maceratese delle civiltà preromane.
Ma in seguito ad una più attenta lettura del manoscritto b/473, oggi siamo ingrado di poter affermare che sul nostro territorio si sono ritrovate vestigia epigrafiche della civiltà IONICA, come dimostra il nostro anonimo redattore del manoscritto b/473 nel lontano 1754.
Nella quinta facciata del manoscritto inedito b/473 vi è un riferimento dell’autore anonimi ad alcune incisioni su una patera, ritrovate nello stesso scavo in zona maceratese (presso la cappella della Madonna delle Grazie in fondo a via Elena), in un sepolcreto. Dopo aver affermato di non essere in grado di comprendere il significato, anche dopo aver riconosciuto qualche lettera etrusca e greca, invia una copia della iscrizione al dottissimo Alessio Simmaco Marzocchi, tramite il cav. Antonini.
Il cavalier Antonini gli risponde che «il signor Mazzocchi non ha saputo dirmi altro se non che siano CARATTERI-IONICI ANTICHISSIMI e senza poterne dare interpretazione alcuna…».*
Questa pregiata patera, di cui non abbiamo trovato riscontro, presso nessuno degli studiosi consultati in questi due anni di studi e ricerche, è,forse l’unica testimonianza della antica civiltà del popolo ionico, stanziatosi nel nostro territorio in epoca antecedente a quella etrusca (vedi cartina).
La perseveranza, del nostro atteggiamento nei confronti dell’impegno assunto per dimostrare quella che noi chiamiamo la “storicità di Macerata”,è stata ancora una volta gratificata.
La lettura del manoscritto sarà per i lettori sorprendente, a dir poco. La nostra raccomandazione è quella di leggerlo con la dovuta attenzione.3
Nessun terreno archeologico ricco come quello maceratese fu più barbaramente manomesso dall’ingordigia dei collezionisti degli antiquari, dei “tombaroli” della zona (e di altre province) e dei fittavoli e proprietari dei terreni.
Devastazioni sistematiche di secoli (XVII, XVIII, XIX) e negli ultimi decenni: è del 1978 un conflitto a fuoco tra carabinieri e tombaroli in occasione di uno scavo abusivo in tenimento di pertinenza maceratese (vedimappa) di scavi compiuti impunemente sotto la tolleranza e l’ignara complicità degli intendenti borbonici e del Regno hanno fatto della realizzazione del progetto storico-archeologico della ricca terra maceratese un problema arduo e quasi, senza possibilità di soluzione. Infatti non una sola tomba si è potuta integralmente ricostruire con il suo corredo delle molte decine (noi diciamo centinaia !!) che vennero dissepolte tutt’intorno alla cinta dell’abitato e nel territorio comprendente Casalba, Caturano, Macerata e Cuzzoli.
Dispersi il vasellame e i bronzi, non si hanno che poche e scarse reliquie.
Ci sono rimaste solo le descrizioni di qualche studioso a volte anonimo(b/473) di tombe etrusche, osche, sannite, romane,e del loro contenuto in epoca recente, invece, si ha notizia solo di scoperte e trafugamenti. Questo doloroso destino di devastazione, dovuto all’avidità e all’ingordigia umana si inizia, sin dai tempi antichi; fin da quando i Romani, nei lavori agricoli per la ripartizione (“centuriatio”) e la bonifica delle terre, si imbatterono in sepolcri antichi ricchi di vasellame, bronzi, stucchi, affreschi, oggetti personali in metalli preziosi di fattura etrusca, pre-ellenica, greca, osca.
Sicchè nessun rapporto scientifico e dettagliato possediamo delle scoperte archeologiche in territorio maceratese. Tranne quello da noi trovato tra i manoscritti giacenti presso la biblioteca del Museo Archeologico di Capua.* Detto manoscritto rappresenta**, forse, una risposta retroattiva alla domanda che A. Maturi si pone a pag. 28 del suo «Aspetti e problemidell’archeologia Campana».
Esso, infatti, diversamente dalle solite elencazioni dei “notamenti” di reperimenti archeologici dei vari Gallozzi, Pascale, Califano ecc.., rappresenta un riuscito tentativo di relazione scientifica e metodica di uno scavo sistematico della necropoli etrusca4 rinvenuta in località Cappella della Madonna delle Grazie di Macerata nel 1754.
Forse da uno studio sistematico e competente di tutto il corredo archeologico potrebbe sortire una credibile e definitiva soluzione al problema storico-etnico-artistico del territorio maceratese.

 

Rinvenimento archeologico a Marcianise
Un rinvenimento archeologico a Marcianise in Viale XXIV Maggio.4
(Marcianise: foto di Michele Colella)

 

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[3] Rimandiamo il lettore alle pagine del <<manoscritto>> classificate 12º, 13º, 13b
[4] Vedi capitolo dedicato al manoscritto b/473

 
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