Premessa Stampa E-mail
Per tutta la durata del decorso anno ( 2006) mi ripromettevo , ogni tanto , di iniziare le ricerche , onde trovar notizie e documenti , per stilare una monografia su Sant’Antonio Abate, l’Asceta per eccellenza, il “Grande Anacoreta”.
Come purtroppo pochi sanno , nel fine anno 2005 stampammo una monografia sul folclore collegato alla festività del 17 gennaio in onore del santo per cercare di dare una risposta credibile alla presenza dei “Carri di Sant’Antuono – Pastellessa” , alle indicazioni temporali degli stessi ed al significato della loro iconografia.
Demmo delle risposte che noi riteniamo sufficientemente valide nella loro credibilità e che , da chi ci ha letto , sono state ritenute valide . Ciò ci gratificò non poco e sentimmo più entusiasmo dentro di noi , convinti di poter riuscire a realizzare il nostro “Progetto Macerata”.
Ma la monografia , scritta nel corso di questo anno 2007 , è diversa sia per la forma sia per il contenuto.
La veste tipografica di questa monografia su S.Antonio Abate è moltissimo diversa e l’oggetto dello studio non è più tanto il folclore dei “Carri” ma la figura del santo . Va, ora , subito detto che ci siamo limitati, com’era ovvio che fosse, a fare una breve sintesi della vita del santo come l’abbiamo desunta dalla lettura delle opere degli agiografi e biografi, da noi riportati nel paragrafo “Bibliografia”.
Abbiamo voluto , in questa edizione , dare un peso più rilevante all’aspetto sacro dell’argomento e alla sua religiosità.
La “religiosità” è un sentimento connaturato all’uomo .
A prescindere dal livello di intelligenza e di cultura la “religiosità” rappresenta uno degli aspetti della personalità e della vita , non solo spirituale , di ognuno di noi.
Essa permea ogni aspetto del nostro vivere , poichè è complementare alla nostra natura spirituale.
L’intima connessione tra la natura spirituale dell’uomo e l’idealizzazione del soprannaturale ( deizzato perchè incomprensibile ed inspiegabile ) porta l’uomo a “configurarsi” un ideale religioso, al quale partecipare la propria devozione scrupolosa , sia nel sentimento che nell’atteggiamento.
Di questa “partecipazione” spontanea e scrupolosa al sentimento della “deità” da parte dell’uomo si ha da sempre memoria , sin dalla più remota fase aurorale della storia.
Questa religiosità , certamente rivolta verso una presunta natura divina delle varie forme della natura fisica , si realizzò in una forma di culto religioso , fatto di deferenza , gratitudine , paura , esaltazione, erotismo , felicità , superstizione , speranza , amore , invidia , odio.
Questi vari momenti del “sentire” umano , che costituiscono alcuni degli aspetti della complessa spiritualità dell’uomo , infatti , si estrinsecavano ( e si estrinsecano) con atteggiamenti , singoli o collettivi , regolati da norme , a volte non scritte , di gestualità, mimica , sonorità , che sono la parte più appariscente del sentimento di religiosità.
L’esteriorità del sentimento religioso , esternare cioè il sentimento religioso , è stata da sempre una necessità per il credente, che voleva e vuole non solo “essere” ma “apparire” tale. In questa necessità dell’”essere” e “apparire” si estrinseca la nostra volontà di “manifestare” (rendere pubblico) il nostro credo.
 
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