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Considerazioni preliminari dell'autore Stampa E-mail

IL FOLKLORE
Il termine più diffuso, e <<trend>> da più di un secolo, per denotare la conoscenza scientifica e lo studio sistematico delle tradizioni popolari è FOLKLORE. Una traduzione della parola  folklore, pertanto, può essere accolta, con l’accezione in senso lato e onnicomprensivo, solo come <<tradizioni del popolo>> o <<tradizioni popolari>> o, secondo altri, nel significato di <<reviviscenze>> della <<etnografia delle classi rustiche>> (R. Corso – Folklore, pag. 8).
Si conosce con precisione l’atto di nascita della parola folklore. Nel 1846, infatti l’archeologo Thoms, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Ambrogio Merton, utilizzo il termine <<folklore>> per indicare tutte quelle definizioni che si erano utilizzate per indicare le <<antichità dei popoli>> (Popular antiques). Egli l’aveva coniato con due parole antiquate di origine sassone: <<folk>>= popolo e <<lore>>= sapere; quindi, alla lettera: il sapere del popolo, il complesso delle cognizioni che ha il popolo. E come quando si dice fisica, chimica, psicologia, ecc. s’intende sia tutto il relativo ordine di fatti, sia la scienza che li studia, così il termine folklore passò a significare non solo il sapere del popolo, ma anche la scienza che se ne occupa. In riferimento alla <<grafia>> del termine folklore, bisogna precisare che ancora oggi, moltissima stampa inglese titolata scrive <<folk-lore>>; mentre altra stampa estera scrive <<folklore>> senza il trattino e per ragioni di praticità è questa ormai la forma universalmente adottata. Molti in Italia e in altri paesi neo-latini scrivono <<folclore>> con la <<c>>, credendo in tal modo di togliere al termine la patina esotica di esterofilia. Noi siamo del parere che i cultori della purezza della lingua italiana non abbiano motivo di cadere in errore utilizzando il termine folklore con la <<k>>, tanto più perché nell’amata lingua, è lettera di antica e genuina tradizione letterale italiana. In Italia, dove il termine folklore, con la k o senza, ha pure avuto e continua ad avere, diffusione per la sua pratica utilità (riconosciuta da insigni studiosi non sospetti di esterofilia linguistica, come Pio Rajna) si sono prodotte e sperimentate, in sostituzione, varie parole come DEMOPSICOLOGIA (Imbriani, Carducci, Pitrè), ETNOGRAFIA (Loria), DEMOLOGIA (Vidossi), LETTERATURA POPOLARE, LAOGRAFIA ecc. Ma i termini che vanno per la maggiore sono quelli di <<TRADIZIONI POPOLARI>>, per ciò che riguarda il contenuto, e di <<STORIA DELLE TRADIZIONI POPOLARI>>, per indicare la scienza che se ne occupa.

Naturalmente noi siamo a favore di questi ultimi e scriveremo indifferentemente folklore e folclore. Dopo i suddetti brevi cenni su come o cosa si debba intendere per folclore, è necessario ritornare ai motivi per i quali ci siamo accinti a scrivere questo opuscolo: Macerata Campania e le sue tradizioni popolari, e il popolo maceratese e la sua religiosità. Cercheremo in tutta modestia, in collaborazione con altri, di tentare di tracciare un profilo di storia delle tradizioni maceratesi, che secondo noi hanno origini lontanissime nel tempo. Per consentire al lettore di capire meglio e a noi di esporre con più ordine gli argomenti, abbiamo scansionato il ricco retaggio del folklore maceratese in: 

  1. <<i carri di Sant’Antuono>>;
  2. la <<cavalcata dei 12 mesi>> (Macerata e Casalba);
  3. la zeza;
  4. la quadriglia;
  5. il <<laccio dell’amore>>;
  6. la tragedia popolare (S. Marcello) e li tratteremo  nel medesimo ordine.

 

I CARRI DI S. ANTONIO ABATE
Nell'arco dei giorni della festività (sabato e domenica) si susseguono ininterrottamente le sfilate dei “carri della battuglia di pastellessa” sui quali si esibiscono le caratteristiche orchestre,dette dei “bottari”. In effetti, però, non tutti i carri oggi seguono la tradizionale regola che prescrive agli orchestrali del <<carro di pastellessa>> di “suonare” tassativamente “botti, cupelle, e fauciuni”. E ciò non a caso! Sono quelli, infatti, gli <<strumenti>> delle origini e sono solo quelli (non chitarre, fisarmoniche, armoniche, ecc.) gli strumenti, disponibili nel remoto  passato maceratese, che traducono in suoni particolari lo stato d’animo dei suonatori.
E nell’incalzare frenetico dei ritmi tre diverse cadenze e tempi si fondono e confondono istrionismo osco e cristianesimo, lirismo classico e ossessionante saturnale, religiosità e licenziosità fescennina.
Al sottofondo musicale si sovrappongono, quasi sempre, antichi canti popolari, spesso salaci e licenziosi.
La partecipazione del popolo è totale.
La condizione psicologica ed emotiva è quella della partecipazione, quasi si emulasse un rito, ai gesti, alle espressioni del volto dei bottari.
Gli spettatori instaurano inconsciamente un moto di empatia con gli orchestrali/bottari.
Ci si sente, con loro, stanchi, ebbri di felicità e anche il nostro corpo assume le pose e ripete i gesti dei bottari, dei cupellisti, e dei suonatori di faucioni. E’ come se il popolo  spettatore partecipasse a un rito sacro; come se stesse danzando, mentre ascolta, per una funzione religiosa.E quando il moto di empatia con i carristi/bottari raggiunge il culmine, un brivido ti corre lungo la schiena, gli occhi ti si inumidiscono per le lacrime e ti senti felice… perché sei anche tu con loro, presente e partecipe. Ecco! Questo è, secondo il nostro modesto parere, il significato di <<folk>>! “Folklore” è il popolo partecipe delle sue conoscenze. È il popolo che vive le sue tradizioni e verso cui assume poi atteggiamenti di culto. E attraverso questo culto  delle tradizioni il <<Folk>> diventa il vissuto stesso (e la sua teoria) sul quale si innestano gli atteggiamenti (le manifestazioni) del suo  spirito e del suo pensiero, della sua cultura e della sua civiltà: i dialetti, gli usi, i costumi, le credenze religiose, la storia, l’arte, le indoli, la razza, i retaggi delle forze morali, il retaggio degli altri, il sapere orale, sono gli elementi che concorrono a dare del <<popolo>> il giusto concetto per la traduzione del termine <<FOLK>>, l’oggetto dello scienziato che studia il <<FOLKLORE>>: il <<folklorista>>! In questo nostro nuovo lavoro su Macerata Campania non abbiamo inteso assolutamente fare il folklorista: non abbiamo avuto alcuna intenzione di fare uno studio analitico del folklore maceratese, perché consci di non essere in possesso dei titoli! Abbiamo solo inteso offrire a tutti una piccola chiave, utile ad aprire almeno la prima porta dell’interesse per alcuni suggestivi momenti del folclore maceratese.

 
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