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La vita di San Martino Vescovo di Tours Stampa E-mail

da “Il grande Libro dei Santi” (c/o Biblioteca del Museo Campano di Capua) pagg. 1385 e segg. A firma CL. Leonardi)

Conosciamo la vita di S. Martino quasi esclusivamente da quanto ha scritto di lui Sulpicio Severo (360–420).
Sulpicio era avvocato a Bordeaux e dopo il battesimo si era fatto monaco, imitando Martino, e di lui scrisse la vita poco prima che il santo morisse; in tre lettere* (da noi lette) ricorda poi l’amico e prima del 407 ebbe modo di parlarne nei “Dialoghi”. E’ tuttavia la “vita” di Sulpicio la fonte principale e anche letterariamente affascinante; scritta mentre S. Martino era ancora in Vita, ha un’evidente portata storica, anche se solo all’interno del genere agiografico. Essa dà di Martino un’importante immagine di santo, che ha avuto una delle fortune più strepitose durante tutto il Medioevo ed oltre. Martino era nato verso il 317 a Sabaria**, (oggi SZOMBATHELY), nella Pannonia ungherese, da un ufficiale romano di grado superiore. Dopo pochi anni il padre si ritirò a Pavia e qui Martino compì qualche studio, finchè, pare contro la sua volontà, fu dal padre destinato alla carriera militare, quando aveva quindici anni. Entrò nell’esercito romano e vi rimase per circa venticinque anni (fino al 356).
Fu durante le prime assegnazioni militari in Gallia che alle porte di Amiens, in pieno inverno, egli incontrò il povero a cui cedette parte del suo mantello, fatto che è rimasto indelebile nella memoria agiografica ed iconografica, a significare l’assoluta autenticità della sua vocazione e della sua santità: pur esercitando il mestiere di soldato, egli appare già tutto proiettato nel divino.  Battezzato poco dopo, continuò a fare il soldato nella cavalleria della guardia imperiale mentre era imperatore Costanzo Secondo; nel 355 passò agli ordini di Giuliano, allora Cesare in Gallia, e lo seguì nella campagna romana. Ma qui, l’anno dopo, in seguito ad un miracolo o secondo le norme militari in vigore in quell’epoca lasciò il servizio***.

Il nostro santo comincia allora una nuova vita recandosi da Ilario, vescovo di Poitiers (310 ca - 367), che proprio allora, in piena lotta contro l’arianesimo, veniva esiliato da Costanzo Secondo in Frigia (regione storica dell’Asia Minore). Pare che Martino si sia recato, allora, per un certo tempo nei Balcani, dove fece le sue prime esperienze di asceta.
Ritornato presto a Poitiers, nelle vicinanze della città, a Ligugè, scelse definitivamente la vita monastica, nella forma eremitica nei primi tempi. Il nucleo monastico, che egli fondò nel 361, fu il primo in ordine di importanza in Occidente e in questo senso egli può essere considerato il padre del “monachesimo latino”. però nel cuore di S.Martino brucia la stessa fiamma come poi sarà per S.Agostino: l’esigenza di predicare ed evangelizzare. In Gallia traversata dai contrasti dell’eresia ariana, la fede cristiana aveva conquistato, sia pure parzialmente, quasi solo le città, non le campagne. Martino lo aveva intuito e constatato e verso queste e i ceti rurali che volle svolgere la sua opera di conversione. Intanto Ilario era tornato e lo nominò prima esorcista, poi diacono ed infine prete; ma la sua attitudine pastorale ebbe tuttavia modo di manifestarsi pienamente quando, forse nel 371, Martino fu eletto vescovo di Tours. L’accettazione dell’episcopato fu il suo secondo gesto di grande valore simbolico: quello di accettare di essere vescovo, ma di vivere da monaco.  Per questo Martino costruì un centro monastico a poca distanza da Tours, sulla riva destra della Loira, a Marmontier, dove egli visse in ritiro e in contemplazione tutto il tempo che potè concedersi. Come vescovo la sua opera nelle campagne fu infaticabile (Sulpicio lo definisce, per questo, “... veramente simile agli Apostoli”). Egli si oppose agli idoli e alle fedi pagane, compì numerosissimi miracoli, dovette resistere all’opposizione di molti vescovi  che non vedevano di buon occhio che un “miles deorum” fosse diventato “miles dei” e preti e non approvano il suo essere severo asceta, pur essendo vescovo.
Distrugge i templi pagani e costruisce le chiese cristiane, vede le eresie arrivare nelle campagne e deve prendere atto dei contrasti che dividono anche i suoi discepoli, come le comunità e i paesi che visita. La morte lo coglie l’8 (!) novembre a Candes, un villaggio alla confluenza della Loira con la Cher, un pò ad ovest di Tours, dove s’era recato come paciere.

* Riportate dal sacerdote Joannes Tomettius nella sua riedizione dell’opera di Sulpicio Severo “Vita Sancti Martini” dell’anno 1880.
** Noi siamo più propensi ad accettare l’ipotesi che si tratti di SARWAR, cittadina sul fiume Raba e quindi più ad est di SZOMBATHELY (IOANNES TAMETTIUS)
*** A noi, tra le varie ipotesi lette, pare ritenere più probabile quella del miracolo. Infatti anche nel commento di Ioannes Tamiettius è ricordato questo episodio. Alla vigilia di una battaglia importante S. Martino chiese al suo generale di non combattere e di lasciare l’esercito. Fu oltraggiato e da tutti ritenuto codardo. Ma per dimostrare di non essere un vigliacco, si offrì di affrontare l’esercito nemico da solo e armato solo del segno della croce stampato sulla tunica. L’indomani alla vista di quell’uomo solo e disarmato, intimorito dal segno di croce sul suo petto, dandosi a precipitosa fuga.

 

Cronologia essenziale della vita di S. Martino Vescovo di Tours

Abbiamo ritenuto di dover predisporre un elenco dettagliato degli avvenimenti storici e dei momenti di vita del santo, seguendo il criterio del susseguirsi degli stessi nel tempo, onde poter meglio comprendere il travaglio spirituale di quest’uomo di educazione originaria pagana, che da “miles deorum” divenne “miles Dei”, com’egli si compiacque di definirsi.

A) anno 316–317, NASCITA - Martino nasce a SABARIA (secondo Bibliotheca Sanctorum) oppure SAVARIA (secondo Encicl. Univ. De Agostini). Queta città*, che viene indicata come attuale SZAMBATKELY in “Bibliotheca Sanctorum” e come SZOBATHELY in “Encicl. Univ. De Agostini – Novara” era un importante centro di guarnigione della frontiera orientale dell’Impero Romano d’Occidente presso l’attuale confine austro – ungarico e, quindi, di notevole importanza strategica per i loro interessi nella Pannonia dell’epoca, in cui Martino nacque e visse la prima parte della sua vita. Questa antica “provincia” romana, compresa tra il Norico, la Dalmazia, l’Italia e il Danubio, abitata in origine da tribù traco – illiriche, subì nel 35 a.C. i primi attacchi dei Romani, che sottomisero la parte meridionale della regione, e fu completamente conquistata nell’anno 9 d.C. Dopo la pacificazione, la “provincia” romana della Pannonia fu divisa in Superiore e Inferiore verso il 103 d.C.

* Secondo le nostre ricerche, invece, dovrebbe trattarsi della odierna SARVAR sul fiume Raba e, quindi, a est di SZOMBATHELY (Vita Sancti Martini di Sulpicio Severo, edito con commenti di IOANNES TAMETTIUS Sacerdos pag. 10).

B) anno 321–322, ARRIVO a PAVIA - dove suo padre, tribuno romano era stato destinato in una nuova guarnigione. Qui, secondo i canoni del tempo, iniziò l’educazione e l’istruzione di Martino.

C) anno 325, PRIMI CONTATTI COL CRISTIANESIMO - Forse Martino conobbe il Cristianesimo per mezzo dei suoi compagni o da amici dei genitori.

D) anno 326, CATECUMENATO - A dieci anni, come precisa lo stesso S. Martino, corse ad iscriversi fra i catecumeni. Ma forse dovette incontrare non poche difficoltà, sia da parte dei genitori (pagani!), sia da parte del vescovo (per giustificate precauzioni, dati i tempi!). Infine, però, fu accolto tra gli aspiranti al Battesimo.

D1) anno 328, EREMUM CONCUPIVIT - cum esset amorum duodecim (all’età di 12 anni!).

E) anno 331, GIURAMENTO MILITARE ANTICIPATO - All’età di 15 anni il padre di Martino, funzionario militare di carriera, con il culto dell'Impero, irritato dalla ripugnanza di suo figlio per la professione delle armi e della sua inclinazione verso la vita (ascetica?) del monaco cristiano, obbligò il figlio a prestare immediatamente il giuramento militare di fedeltà all’Impero. Ciò fu possibile, perchè una particolare disposizione legislativa in materia consentiva l’arruolamento obbligatorio all’età di 15 anni e non a 17 anni come disposto da precedenti norme (cf. “Dict. Antiq. Greques et Romaines” , s.v. Sacramentum, IV, 2, pag. 915).

F) anno 333, INIZIO CARRIERA DELLE ARMI - Legato dal giuramento solenne di fedeltà all’Imperatore, Martino iniziò la carriera militare due anni più tardi (cf. Cod. Theod., XII, I, 19; pag. 667) e, come figlio di ufficiale veterano, fu subito promosso al grado di “circitor”* con doppio soldo. Il compito del “circitor” era la ronda di notte nel servizio della piazza d’armi? E l’ispezione dei posti di guardia, nonchè la sorveglianza notturna delle guarnigioni e di ogni altro tipo di accampamenti militari.

* Circitor = colui che ispeziona, custodisce, controlla (fa la ronda).

G) anno 338, EPISODIO DEL POVERO SEMINUDO - Cinque anni dopo l’inizio del suo servizio militare obbligatorio, appunto durante una di queste ronde notturne nel cuore dell’inverno, Martino incontrò un povero seminudo e non avendo più denari , prese la spada, tagliò il proprio mantello* e ne donò la metà al povero.

* Era la “clamide” (chlamys – ydis): mantello da viaggio di persone importanti in lana con pelliccia e trapunte d’orso.

G1) anno 338, GESU’ GLI PARLA IN SOGNO - La notte seguente egli vide in sogno il Cristo, rivestito della metà del suo mantello militare, che diceva agli angeli: “Martino, ancora catecumeno, mi ha coperto con questo mantello”.

H) anno 339, IL BATTESIMO - Nella Pasqua del 339, mentre era di guarnigione ad Amiens (Francia), Martino ricevette il Sacramento dell’Illuminazione (Battesimo) all’età di 23 anni circa*.

* Secondo alcuni manoscritti coevi e postumi, Martino aveva solo 18 anni quando ricevette il Battesimo. Secondo me questa datazione è molto improbabile perchè vorrebbe dire, se così fosse, che Martino fu battezzato l’anno dopo aver iniziato il servizio militare obbligatorio (era circitor) ma così non è stato.

I) anno 354, RINUNCIA ALLE ARMI - Nel marzo del 354 Martino partecipava alla campagna sul Reno con l’imperatore Costanzo e, secondo l’uso, prima del combattimento si procedeva alla distribuzione del “donativum”* ai combattenti. Chiamato per riceverlo, Martino si presentò ma, rifiutando il “donativum”, chiese di lasciare l’esercito e le proprie armi. Ovviamente a questa richiesta egli fu tacciato di vigliaccheria dal generale, e da tutti i commilitoni, ma Martino rispose loro che, per dimostrare il suo coraggio l’indomani avrebbe affrontato l’esercito nemico, da solo e disarmato, protetto solo dal segno della croce. Fu deriso, ovviamente, e preso in parola: dopo una notte passata in catene fu mandato, infatti, incontro al nemico protetto solo dal segno della croce. Conquistati da cotanto coraggio, i barbari inviarono emissari per chiedere la pace. I cristiani gridarono al miracolo e Martino fu liberato dal giuramento e lasciò l’esercito.

* Era un dono straordinario in denaro, che sotto gli imperatori, alla vigilia delle battaglie, si distribuiva a tutto l’esercito, soldato per soldato.

 

Simone Martini, Martino rinuncia alle armi. Assisi, Basilica inferiore di San Francesco (sec. XIV)
Martino di Tours. Simone Martini, Martino rinuncia alle armi. Assisi, Basilica inferiore di San Francesco (sec. XIV)

 

L) anno 356, SVOLTA ESISTENZIALE - Dopo aver lasciato le armi e sentendo che il tempo passava inesorabilmente, Martino decise di mettere in esecuzione il progetto della sua giovinezza: farsi monaco. Aveva quarant’anni.

M) anno 354-359, CONTRO L’ARIANESIMO - In questo settennio, tragico per l’ortodossia cristiana per la quasi totale prevalenza delle eresie ariane in tutto l’Impero romano, Martino fu a Poitiers presso il Vescovo Ilario, che avrebbe voluto definitivamente vincolare l’ex–ufficiale romano alla sua Chiesa in qualità di diacono. Ma Martino rifiutò perchè convinto di non esserne all’altezza. E allora S. Ilario, prima di essere mandato in esilio, lo ordinò esorcista per consentirgli, come chierico, di iniziarsi allo studio delle cose di Dio.

N) anno 360, DIACONO E PRETE - Finito l’esilio, il Vescovo Ilario, agli inizi del 360, tornò a Roma e Martino vi si recò per incontrarlo. Appena giuntovi, seppe che il Vescovo si era recato a Poitiers e li lo raggiunse. Fu accolto con gran gioia dal Vescovo ed ebbe la promessa di poter attuare il suo sogno di una vita eremitica, ma da impegnare all’evangelizzazione dei “pagani” della campagna.
“E’ fuor di dubbio che allora egli fu ordinato diacono e poi prete”, è detto alla pagina 1256 della Bibliotheca Sanctorum e noi non abbiamo motivo di dubitare di questa affermazione.

O) anno 361-362, ABATE DI LIGUGE' - Il Vescovo Ilario possedeva ad alcuni chilometri da Poitiers una villa e permise al suo chierico da poco ordinato prete, di ritirarvisi: laggiù Martino visse (finalmente!) come un monaco (ben presto circondato da discepoli), evangelizzando coloro che abitavano nei dintorni. Questa fu l’origine*  del monastero di Ligugè, il più antico conosciuto in Europa.

* Probabilmente al tempo di Martino vi era in questo luogo un centro per la preparazione dei catecumeni e, forse, anche un battistero campestre.

P) anno 363-370, ABAZIATO DI LIGUGE' - Durante questo periodo, narra Sulpicio Severo, Martino fece i primi miracoli, che suscitarono un grande clamore in tutta la regione e resero popolare il nome del taumaturgo. Martino da abate viveva a Ligugè dividendo le sue giornate tra la cura della laura* e l’evangelizzazione del paese, attento sempre a che i suoi discepoli conducessero la vita monastica in umiltà, povertà e castità.

* Laura (o lavra) = organizzazione monastica di tipo bizantino. Il Vescovo Martino impose la comunanza dei beni; i monaci dovevano indossare vesti di stoffa rozza e semplici; i pasti erano in comune e la comunità al completo si doveva riunire nell’oratorio per la preghiera.

Q) anno 371, VESCOVO - Martino viveva da una decina d’anni a Ligugè, quando i cristiani di Tours furono chiamati a scegliere un nuovo Vescovo per sostituire Liborio, che era morto in quell’anno 371, e avrebbero voluto Martino come loro pastore evangelico.
Ma il nostro Santo declinò l’offerta. Ma i Turonnesi per vincere la sua resistenza ricorsero a un sotterfugio: un certo Rusticius, con il pretesto della malattia di sua moglie, si recò da Martino, supplicandolo di guarirla, ben certo che il Santo non avrebbe resistito al suo appello di carità. L’Abate di Ligugè si mise, infatti, in cammino. Per strada un gruppo di cristiani di Tours, tesa un’imboscata, si impadronì di lui e lo condusse sotto buona scorta in città. Giunto a Tours, quasi tutta la popolazione acclamò il prigioniero, divenuto candidato suo malgrado. Eletto, quindi, per acclamazione, Martino non potè esimersi e fu consacrato Vescovo di Tours. Era il 4 luglio 371!*.

* Così riporta Gregorio di Tours in “Hist. Franc.”, II, 14, in MGH Script. rer. memor., I, 1.

R) anno 397, LA MORTE / LA NASCITA AL CIELO - Da ventisei anni Martino era Vescovo di Tours. Aveva intensamente lavorato a predicare il Vangelo, aveva lottato per amore della giustizia, aveva superato l’ottantesimo anno di età quando si recò nella parrocchia rurale di Condate nella Turenno*  (Candes, oggi) per mettere pace tra i chierici in lite tra loro. Dopo aver assolto agli impegni di paciere e di Vescovo, si sentì allo stremo delle forze e si fece distendere su di un cilizio** e su di un letto di cenere, come era usanza degli asceti del tempo, e, dopo aver pronunciato “Il seno d’Abramo sta accogliermi”, spirò dolcemente. Era l’8 novembre 397. Il suo corpo fu ricondotto, navigando sulla Loira, fino a Tours. Qui ebbero luogo, l’11 novembre, le esequie tra un immenso concorso di popolo, venuto da ogni parte.

* Turenne, Francia
** Cilizio, cilicio = stoffa grossolana di pelo di capra o di crini di cavallo, ispida e pungente, utilizzata per mortificare le carni.

 

La basilica

Alcuino, nella sua “Laudatio S.Martini” (PL, CI, col 662) ci riferisce che Martino fu sepolto in un “poliandrio” pubblico, un pubblico cimitero cioè, fuori della città di Tours. La tomba non ha mai più cambiato di posto, ma su di essa il successore di Martino, Brizio, costruì una cappella, nella quale in seguito riposò egli stesso. Ben presto, però, la cappella divenne troppo piccola per l’afflusso dei pellegrini ed il Vescovo Perpetuus, tra il 465 e il 470, edificò una grande basilica che suscitò l’ammirazione dei contemporanei. La “dedicazione” della basilica ebbe luogo il 4 luglio, giorno anniversario dell’ordinazione episcopale di Martino, probabilmente nel 470, e il corpo del santo fu posto nell’abside della basilica.

 

Le reliquie

Il corpo di Martino fu spesso spostato: racchiuso in un cofano, sotto un altare, o sotto il ciborio, come si usava nell’epoca merovingia.
Per anni, durante le invasioni normanne, fu conservato al sicuro; ma gli Ugonotti lo bruciarono il 25 maggio del 1562. Alcune reliquie, però, poterono essere salvate e sono venerate nell’attuale basilica di Tours. Un frammento è custodito nell’abbazia di Ligugè, suo primo monastero.
Il mantello come dice Sulpicio Severo nella sua “Vita Sancti Martini”, pubblicato con il commento di Joannes  Tamettius nel 1880, era una clamide greca. Questa (detta anche Punicea, se di colore porpora), era in effetti un ampio mantello di lana, trapunto d’oro (onde era detto Phrygia), da viaggio, indossato in particolare da guerrieri illustri (vocab. Lingua latina Calanghi).

 

Statua reliquiario

 

Peculiarità della vita di S. Martino

Qualche critico ha osservato che Martino sembra aver trasferito l’esperienza del servizio militare*  in un servizio a Dio, da “miles deorum” (n.d.a.) a “miles dei”. Ma noi siamo d’accordo con il redattore delle notizie biografiche nel ritenere, questa, un’osservazione superficiale: non è, infatti, lo spirito guerriero che lo muove, ma il desiderio di portare la fede in Cristo a chi non la conosce, e questo in un mondo, quale quello rurale della Gallia, disorientato ed abbandonato a se stesso mentre sta cedendo l’impalcatura, ideale ed amministrativa, dell’impero di Roma. L’aspetto di maggior rilievo che Martino, e questo è molto evidente negli scritti di Sulpicio Severo, mostra con tutta evidenza, è il suo (modo di) essere monaco.
Di fronte al mondo che egli ha conosciuto, in città, nell’esercito, nelle campagne, peregrinando tra Oriente e Occidente, un mondo che non gli appare per niente cristiano (nonostante il cristianesimo dell’imperatore Costanzo), la soluzione del ritiro dal mondo, come già Antonio l’egiziano (S. Antonio Abate) in Oriente pochi decenni prima, è anche la sua. Per questo Martino è veramente monaco.

Il biografo di Martino, Sulpicio, può aver conosciuto una traduzione latina della biografia di S. Antonio Abate, scritta da Attanasio di Alessandria. Per Attanasio è evidente che S. Antonio Abate non considerava l’abbandono del mondo come il segno di una condizione “deifica” (di glorificazione) ma il desiderio di Dio e la volontà del bene; ed è per il suo “deificum studium” (capacità di rendere oggetto di adorazione il Cristo) che S. Antonio pur ritirato nel deserto, diventa evangelizzatore ed esorcista; c’è sempre una folla, un popolo che si reca da lui. Per Martino è la stessa cosa, anche se la dinamica è diversa: non sono tanto le folle che vanno da lui, ma è lui che se le cerca andando di villaggio in villaggio.
Martino non inaugura un modello di santità vescovile, ma un modello di santità monastica (conquistata con la liturgia della parola e quella della presenza, n.d.a.), dove il dialogo tra l’uomo–monaco e Dio avviene nel silenzio del monastero.
Se il monachesimo egiziano (quello di S. Antonio Abate, n.d.a.) ha come condizione abituale del monachesimo latino (quello di Martino) è il territorio città–campagna; e se il monaco d’Oriente (Antonio) preferisce combattere i diavoli di cui il deserto è pieno e il monaco d’Occidente (Martino) combatte i pagani e i loro dei, non c’è una divaricazione di modelli nei due racconti di Attanasio e di Sulpicio.

* Martinus (latino) = piccolo “Marte” , piccolo guerriero

“... nemo unquam illum vidit iratum, nemo commotum, nemo ridentem: unus idem semper, coelestam quadammodo laetitiam vultu praeferens, extra naturam hominis videbatur.
Numquam in illius oe nisi Christus, numquam in illius corde nisi pietas, nisi pax, nisi misericordia inerat ...” da “VITA MARTINI” di Sulpicius Severus

“... Nessuno mai lo vide irato, nessuno turbato, nessuno beffardo: sempre lo stesso, recante nel volto la grazia divina in ogni momento, guardava oltre la natura dell’uomo.
Niente mai sulle sue labbra se non Cristo, niente mai albergava nel suo cuore se non la pietà, la serenità, la bontà ...”

“MARTINUS SE IPSUM NUDAT ET VESTIT PAUPERUM”

 

Chiesa di S. Martino Vescovo Macerata Campania - Lapide porta

 

SULLA  LAPIDE  SI  LEGGE  LA  SEGUENTE  ISCRIZIONE:
DEO  OPT. MAX.
DEIPARAE VIRGINI AC DIVO MARTINO
FRANCISCUS ISA CAMP. TEMPLI RECTOR
POPULUSQ. MACERATEN.
A FUNDAM. INSTAURAVIT.
AN. D. MDCVIII

“A DIO OTTIMO MASSIMO, ALLA  VERGINE MADRE DI DIO E AL DIVINO MARTINO, FRANCESCO ISA RETTORE DEL TEMPIO E IL POPOLO DI MACERATA RESTAURO’ DALLE  FONDAMENTA NELL’ANNO DEL SIGNORE 1608”

CHIESA DI S. MARTINO VESCOVO MACERATA CAMPANIA

 

PALIOTTO D’ALTARE
Chiesa di S. Martino alla Giudea in CAPUA

(Dal volume “CAPUA” museo diocesano – cappella del Corpo di Cristo – testimonianze di fede e d’arte – Soprintendenza per i beni A.A.A.S. di Caserta e Benevento)

San Martino di Tours - immagini varie

San Martino di Tours - immagini varie

San Martino di Tours - immagini varie

La basilica di San Martino, a Tours - intorno all'anno 470.

LA BASILICA: (Secondo la descrizione di Gregorio di Tours) - La basilica misura in lungo centosessanta piedi,  in largo sessanta; ha un’altezza fino al soffitto di quarantacinque piedi; trentadue finestre nell’area dell’altare, venti nella navata; quarantuno colonne; in tutto l’edificio le finestre sono cinquantadue, le colonne centoventi; gli ingressi sono otto, tre nell’abside e cinque nella navata.

 
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