Iconografia |
Il complesso dei motivi e criteri che distinguono e inquadrano l’immagine del Santo dal punto di vista culturale “La produzione artistica intorno alla figura di S. Martino è immensa e si estende, quasi senza interruzioni, lungo quattordici secoli, durante i quali non sono mai venute meno la popolarità e l’umana simpatia che questo Santo ha diffuso intorno alla sua persona, presso gli uomini di tutti i tempi. Il dono della metà del mantello [1] è diventato il simbolo della sua figura; nonostante che gli episodi, curiosi e solenni non manchino, la fantasia del popolo e degli artisti è stata soprattutto colpita da questo primo semplice atto di carità compiuto dal soldato Martino non ancora battezzato (Leg. Aur. CLXVI). Questa calda umanità ha fatto si che l’iconografia e, strettamente legato ad essa, il culto di Martino, noto come l’apostolo delle Gallie, dilagasse in tutta l’Europa, accompagnato da un fervido fiorire di leggende e di tradizioni popolari [2], immortalate in opera d’arte, databili sin dal secolo successivo a quello della sua morte (397!). Tutte le opere d’arte singole, anche minori, o i vasti cicli, rimangono – da un punto di vista esclusivamente iconografico – su un piano piuttosto generico, nel senso che in essi troviamo la grande quantità di tradizioni martiniane (alcune delle quali di origine schiettamente leggendaria, altre di incerta e confusa derivazione) sintetizzata in pochi episodi, ovviamente i più noti, come la Carità, la Messa miracolosa e, meno frequente, la Resurrezione dei morti. Ma gli “attributi iconografici” di S.Martino, alcuni dei quali assai curiosi, sono più spesso e più accuratamente rappresentati in quelle opere che, invece di narrare la sua storia attraverso i momenti più importanti e solenni, si soffermano sui singoli episodi, dandone una visione molto particolareggiata.
Da Mariella Liverani in “Bibliotheca Sanctorum” [1] Noi ci permettiamo, senza per nulla voler essere dissacratori, di esporre una nostra riflessione. Abbiamo letto che trattavasi di un mantello di tipo militare (clamide), formato da una tela di lana, foderato di pelliccia. E, quando noi leggiamo nei testi “tagliò in due la propria clamide”, dobbiamo intendere “ne staccò la fodera di pelliccia e ne donò metà al povero”. Martino, infatti, fu costretto a fare così, perchè il telo di lana con i fregi e le trapunte era il segno del suo grado nella gerarchia militare degli equites romani. [2] Testimoniate dalla “Leggenda Aurea” di Jacopo da Varazze: * Area artistica tedesca del X e XII sec. Una terza interpretazione è quella tramandata da Sulpicio Severo (Ep. III ad Bassulam): un giorno S.Martino si trovava con alcuni discepoli sulla riva di un fiume, quando vide gli uccelli pescatori* inseguire una preda a fior d’acqua; allora egli fece notare ai presenti che quegli uccelli erano l’immagine di satana che perseguita le anime. Poi ordinò agli uccelli di ritirarsi in terre deserte, dove avrebbero nuociuto meno, e fu obbedito. * Sulpicio Severo chiama questi uccelli “mergus” (termine latino per indicare lo smergo, una specie di uccello acquatico, come riportato nel nostro vocabolario della lingua latina - Calonghi) e può darsi che fosse il cormorano o il marangone, palmopedi pescatori, che dalla tradizione popolare potrebbe essere stato ridotto semplicemente ad un’oca.
DUOMO DI LEGNAGO Scheda storico - critica - documentale |
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