Il culto Stampa E-mail

“La religiosità” è un sentimento connaturato all’uomo. Infatti, non solo a prescindere dal suo livello di intelligenza e di cultura, la “religiosità” rappresenta uno degli aspetti della personalità, non solo spirituale, di ognuno di noi ed entra a far parte, condizionandole, della storia, e della civiltà di popoli e razze. Ciò perchè essa riesce a permeare ogni aspetto del nostro vivere in quanto complementare alla nostra natura umana. L’intima connessione tra la natura spirituale e l’idealizzazione del soprannaturale (idealizzato perchè incomprensibile ed inspiegabile) porta l’uomo a “configurarsi” un ideale religioso, al quale partecipare la propria devozione scrupolosa sia nel sentimento che nell’atteggiamento. Di questa “partecipazione”, spontanea e scrupolosa, al sentimento della deità da parte dell’uomo si ha memoria da sempre; sin dalla più remota fase aurorale della storia. Questa religiosità, certamente rivolta verso una presunta natura divina delle varie forme della natura fisica, si realizzò in una forma di culto religioso, fatto di deferenza, gratitudine, paura, esaltazione, erotismo, felicità, superstizioni, speranza, amore, invidia, odio. Questi vari momenti del sentire umano, che costituiscono alcuni degli aspetti della complessa spiritualità dell’uomo, infatti, si intersecavano (e si intersecano) con atteggiamenti, singoli o collettivi, regolati da norme, a volte non scritte, di gestualità, di mimica e sonorità, che sono la parte più appariscente del sentimento di religiosità. Ma l’esteriorità del sentimento religioso, l’esternare cioè il sentimento della religiosità, è stata da sempre una necessità per il credente, che voleva, e vuole, non solo “essere” ma “apparire” tale. In questa necessità dell’essere e apparire credente si estrinseca la nostra volontà di “manifestare” (rendere pubblico) il nostro credo. Si ha, allora, una forma di osmosi tra il sentimento religioso, la religiosità e l’insieme delle cerimonie che si tengono per esprimere, esternare e significare i nostri sentimenti di omaggio, onore, devozione, credo e fede ad una deità. Tutto ciò si concretizza nel “culto”.

 

Da "MACERATA - Folclore e religiosità" di Pasquale Capuano, pag. 143 e segg.

Già da vivo* Martino fu oggetto di curiosità rispettosa e di venerazione, anche da parte di genti straniere alla Turenna**.

* Da Bibliotheca Sanctorum
** Turenne - Regione della Francia

Monaci, religiose, grandi personaggi percorrevano grandi distanze per vederlo.
Dopo la morte il culto di Martino, naturalmente, ebbe il suo centro a Tours. Alcuni studiosi hanno contestato l’inizio di tale culto subito dopo la morte del Santo, fissandolo invece verso il secolo VI, dopo la lenta diffusione del libro di Sulpicio Severo “Vita Sancti Martini”*. Si cominciò, comunque, col celebrare l’anno della sua morte o, meglio, dei suoi funerali, l’11 novembre, e ciò nello stesso anno successivo alla morte ed egli venne onorato come un vero Santo sin dal giorno in cui sulla sua tomba fu elevato un santuario. Successivamente sorsero santuari, chiese e basiliche un pò dovunque (Ligugè, Marmoutiers, Candes, Tours, ecc.), mano a mano che l’alone della santità di Martino cresceva. Ma più di ogni altra si ingrandiva e impreziosiva di opere d’arte agiografiche relative alla vita di Martino e Tour divenne un centro intellettuale, artistico, religioso ed ospitò celebri scuole. Centro di tanto fervore religioso e di venerazione fu la Basilica di Tours con gli annessi monastero e seminario. Questa basilica fu costruita dal vescovo Perpetuus tra il 465 e 470, sulla cappella che l’abate Brizio aveva eretto sulla tomba di Martino**, e la sua dedicazione ebbe luogo il 4 luglio*** 470.
Vi sono nel mondo moltissime chiese parrocchiali, abbaziali, cattedrali, basiliche, ecc. dedicate al culto di S. Martino, vescovo di Tours:
a) in Francia vi sono tremilaseicentodue parrocchie dedicate a S. Martino;
b) in Ungheria, suo paese natale, oltre cento chiese e villaggi portano il nome di S. Martino, nonchè l’illustre arciabbazia di Pannonhalma;
c) in Inghilterra e in Germania molti santuari portano il suo nome;
d) negli Stati Uniti d’America gli sono state dedicate diverse chiese fra le quali l’abbazia di S. Martino nello stato di Washington;
e) anche in Italia sono dedicate a S. Martino molte chiese e fra di esse quella della chiesa abbaziale di S. Martino nella nostra Macerata Campania.
Nella nostra chiesa abbaziale, che ha subito nel corso dei secoli diverse modifiche ed ampliamenti, è venerata una statua che raffigura S. Martino in piedi e con i classici paramenti episcopali.
La dedicazione a S. Martino della chiesa abbaziale di Macerata Campania è incerta, ma pare debba risalire al VII come da ipotesi in "La Chiesa Abbaziale in Macerata".
A Tours, e in tutta l’Europa, l’aspetto esteriore del culto e della venerazione per S. Martino si manifesta durante le “feste” nei giorni – anniversario delle date più significative della cronologia della sua vita.
La principale è quella dell’11 novembre, giorno dei funerali a Tours****. Ma, sempre a Tours, si festeggiava anche il 4 luglio, il cosiddetto “S. Martino d’estate”: era il giorno anniversario della sua consacrazione a vescovo.
Ovviamente la tradizione è ricca di leggende, frutto dell’immaginazione popolare, tendenzialmente portata ad arricchire di particolari, a volte tragici o grotteschi, qualsiasi tipo di avvenimento, anche religioso. Non bisogna, perciò, sorprendersi se anche la gente del popolo turone raccontava meraviglie del vescovo Martino.
La tradizione popolare ci ha tramandato alcune delle tante leggende:
1) il globo di fuoco: mentre egli celebrava la messa un globo di fuoco si posò sul capo;
2) l’asino e l’orso: durante un viaggio a Roma in compagnia del vescovo di Treviri*****, Massimino, durante il quale ambedue cavalcavano un asino. Su di un sentiero di montagna un orso mangiò l’asino, ma fu punito perchè per ordine di Martino dovette portare i bagagli dei due vescovi fino a Roma.
3) il sangue bagna l’erba: mentre egli pregava nel campo in cui aveva luogo il martirio di S. Maurizio e i suoi compagni, vide d’un tratto l’erba bagnarsi di un liquido rossastro; il suolo restituiva il sangue dei martiri e un angelo discese dal cielo, portando con sè dei vasi che furono riempiti e distribuiti alle chiese amiche.
Ma la leggenda più straordinaria è quella che fa di Martino un “barone feudale”. Risulta a ognuno evidente come tutto ciò provi la straordinaria popolarità raggiunta dal nostro santo.

* Da noi seperito (letto per intero) presso l’Archivio della Curia Arcivescovile di Capua.
** Alcuino, nella sua “Laudato S. Martini” (PL. CI, col. 662), ci riferisce che Martino fu sepolto in un poliandrio pubblico, un pubblico cimitero cioè, fuori della città di Tours. La tomba non ha mai più cambiato posto, ma su di essa il suo successore, abate Brizio, costruì una cappella.
*** Il 4 luglio è il giorno anniversario della sua consacrazione a Vescovo.
**** Era, infatti, morto a ottanta annia (l’8 novembre) nella parrocchia rurale di Condate (oggi CONDES) e, dopo un viaggio di tre giorni lungo il fiume Loira, le sue spoglie giunsero a Tours l’11 novembre del 397.
***** Città tedesca (TRIER).

 
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